“Un autentico movimento per il futuro, come intende essere l’IIF, deve porsi il compito di proporre delle proprie visioni di lungo periodo e di indicare, proporre e possibilmente far adottare tutti i mezzi necessari affinché queste visioni si traducano in realtà”. L’Italian Institute for the future è un’associazione no profit con l’obiettivo di portare avanti nuove politiche, auto sostenibili e adatte a consentire all’Italia del domani di potersi sviluppare e migliorare. Una visione lungimirante
degli anni a venire, non circoscritta al prossimo futuro, ma aperta a cambiamenti su larga scala. Per Prima di tutto Italiani ne ha parlato in una lunga intervista in due puntate Andrea Gatto, direttore dell’Osservatorio SvEc sui nuovi paradigmi dello sviluppo economico. Specializzato nei temi di ricerca riguardanti i programmi di sviluppo tra gli altri in America Latina, Est Asiatico e nel Mezzogiorno.
Cos’è l’Italian Institute for the Future?
L’Italian Institute for the Future (IIF) è un progetto nato come risposta a un’esigenza che si è posta da molto tempo a livello internazionale: costruire un pensiero di prospettiva, recuperando il dialogo tra la classe politica, la comunità scientifica, l’imprenditoria, il terzo settore, la società civile e la comunità internazionale.
Questo è vero soprattutto in un paese come l’Italia, dove da anni sono venute meno la visione di lungo termine e il dialogo tra le diverse sfere che l’avevano contraddistinta. Proprio per questo, come giovani ricercatori, giornalisti e professionisti, nel settembre 2013 abbiamo deciso di dare il nostro contributo per colmare questo vuoto dando vita a un think tank dedicato agli studi sui futuri.
Perché Napoli?
L’idea di lavorare a Napoli e scegliere luoghi rappresentativi della città per le nostre attività come l’Istituto per gli Studi Filosofici, la Città della Scienza di Bagnoli e gli atenei campani, non è dovuta al caso: ripartire dalla cultura, dalla commistione tra scienze esatte, scienze sociali e arte, favorire le interazioni diventa un passaggio fondamentale per individuare i possibili scenari che si prospettano per il nostro futuro e pianificare. Il resto del lavoro portato avanti finora passa per un fitto calendario di appuntamenti: conferenze, seminari, pubblicazioni, interviste, corsi di formazione, dibattiti ed eventi di divulgazione di cui ci siamo occupati di settimana in settimana e con grande entusiasmo due anni di attività.
Siete prossimi all’apertura del Centro per lo Sviluppo Economico, ma all’interno del vostro istituto ci sono già tantissimi settori di ricerca; dalle frontiere tecnologiche alle nuove politiche ambientali. Quali le proiezioni future per lo sviluppo dell’Italia?
Come disciplina scientifica, gli Studi sui Futuri (FuturesStudies) rispondono all’esigenza di trovare soluzioni a temi di ampio respiro. Tra questi, gli studi sullo sviluppo economico e sul cambiamento sociale sono di cruciale importanza per individuare gli scenari ai quali stiamo andando incontro a livello locale e globale. Il Centro (Center for Economic Development & Social Change, CED) raccoglie l’eredità dell’Osservatorio sui Nuovi Paradigmi dello Sviluppo Economico e Sociale (SvEc).
Su quali basi lavora?
Si occupa di analizzare tre assi fondamentali dello sviluppo economico del presente e del futuro: attività produttive, lavoro e Unione Europea, nuove misurazioni del benessere economico e sociale e strumenti di microfinanza e impresa sociale. Questi settori sono di fondamentale importanza nell’elaborare proiezioni di lungo termine del Meridione, dell’Italia e dell’Europa: il rilancio del settore produttivo, dell’occupazione, della qualità del lavoro e dell’inclusione sociale e delle questioni fiscali e monetarie del domani passano per una più precisa pianificazione politica in ambito regionale, nazionale e comunitario.
E a livello internazionale?
Già da anni sono emerse misurazioni più complete dei risultati economici e sociali nazionali, che agli indici tradizionali quantitativi (come il Prodotto Interno Lordo), affiancano strumenti di natura qualitativa, attenti alle dimensioni economiche, sociali ed ambientali locali. Infine, va segnalata l’importanza che si stanno ritagliando i nuovi strumenti di micro finanza nell’offrire garanzie di credito, assicurazione e risparmio, fondamentali per rilanciare la crescita economica e valorizzare il territorio. Su tutti va menzionato il microcredito, strumento capace di generare occupazione e inclusione sociale, facilitando l’avvio e il consolidamento di piccole attività imprenditoriali legate all’artigianato, al commercio e alle attività agro-alimentari, in particolare a sfondo sociale.
In che settori ci sono più margini di miglioramento e in quale campo invece il lavoro svolto fino ad ora è da considerare fallimentare?
I tre ambiti descritti, attività produttive, lavoro e UE, la reinterpretazione delle priorità economiche e sociali e i nuovi strumenti di micro finanza, si sono evidenziati come alcuni dei settori per i quali è importante intervenire con tempestività. Bisogna sottolineare alcune dinamiche: nonostante le aspettative comuni e la scarsa risonanza, in tutti e tre i settori l’Italia ha evidenziato buone pratiche e, in alcuni casi, vere e proprie avanguardie, che offrono al Paese l’opportunità di un cambiamento di rotta per lo sviluppo economico e sociale di lungo termine. Mentre per aspetti come il Made in Italy e l’agro-alimentare si fa un gran parlare, poco si conosce di strumenti innovativi come gli indici del Benessere Equo e Sostenibile (BES) elaborato dall’Istat e dal CNEL, o di progetti di sviluppo locale, come il Progetto Microcredito al Rione Sanità di Napoli.
Quale il secondo passo?
Naturalmente queste buone evidenze da sole non sono sufficienti a contrastare la contrazione economica, ma vanno assecondate da misure specifiche, in primis a livello istituzionale. A queste prospettive economiche e sociali, fanno da contraltare problemi di difficile risoluzione quali il debito pubblico, il sistema pensionistico e la disoccupazione giovanile, per i quali siamo chiamati con urgenza a trovare consensi e soluzioni politiche, per evitare di incorrere nella propagazione di fenomeni sociali preoccupanti come quello dei “NEET”, giovani che non si dedicano ad alcuna attività lavorativa, di studio o formazione. La stessa comunicazione di fenomeni
virtuosi divenuti di dominio pubblico, quali il Made in Italy e il Food, andrebbe rivista nei contenuti e indirizzata nel verso delle priorità reali sul piano nazionale e sovranazionale; in generale, in settori come questi, si comunica tanto e male e ci si muove ancora peggio a livello politico e, spesso, economico. Anche in questo caso diventa importante dare slancio alla riflessione critica e al dialogo interdisciplinare, strumenti caratteristico del think tank. Da qui l’esigenza di dedicare un centro studi allo sviluppo economico, con l’obiettivo di proporre analisi, pubblicazioni ed eventi utili alla riflessione e all’innovazione del settore, animato dai giovani e impreziosito dall’azione di esperti nazionali di provenienza scientifica, istituzionale, professionale e imprenditoriale.
(Fine prima parte)