La vicepresidente della Repubblica argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, insulta gli italiani nel silenzio della Farnesina. In occasione della Fiera del libro dell’Avana nel tentativo di sottolineare la rivalità politica con l’ex presidente di origine italiana, Mauricio Macri, ha definito i nostri connazionali “mafiosi per eredità genetica”.
Non c’è, evidentemente, solo il rischio di una crisi diplomatica ma si è in presenza di un insulto gratuito che va stigmatizzato, senza se e senza ma.
La comunità italiana argentina ha già dovuto scontare un altro schiaffo, non da poco, rimasto senza giustizia: il caso del monumento a Cristoforo Colombo di Buenos Aires è stata l’occasione di un aspro scontro con la Casa Rosada e la collettività tricolore, dal momento che Cristina ha sempre ignorato l’origine della società argentina: ovvero l’essere frutto di una mescolanza di flussi europei, Italia in testa.
Curiosa la parabola politica di Cristina, la cui storia recente è stata macchiata non solo da scontri con le corporazioni, ma anche da diversi processi. Si era nel 2015, quando l’Argentina si trovava sull’orlo della bancarotta, grazie all’inflazione maggiore al mondo dopo il Venezuela. Ben 11 i processi in cui Kirchner era imputata, con anche 5 mandati di arresto preventivo non eseguiti per l’immunità parlamentare che poi ottenne dopo la conquista del seggio parlamentare. Secondo le accuse di allora, si sarebbe arricchita di 30 miliardi di dollari in virtù della deposizione del suo commercialista Víctor Manzanares, con anche un coinvolgimento nei finanziamenti di Chávez alla sua campagna elettorale.
Ma al di là delle questioni giudiziare, su cui solo la magistratura potrà far luce, resta l’amaro in bocca per un attacco ingiustificato e ingiustificabile della Kirchner, a cui ha tentato di mettere una pezza il suo diretto superiore. Alle prime reazioni della comunità italiana, il presidente della Repubblica Alberto Fernández ha ricevuto l’ambasciatore d’Italia, Giuseppe Manzo, a cui ha ribadito il contributo della comunità italiana allo sviluppo dell’Argentina.
L’elevatissimo numero di cittadini di origini italiane presenti in loco non è stato però sufficiente a impedire a Cristina una battuta infelice e degradante: meglio sarebbe stato se si fosse concentrata sull’inflazione al 55%, sulla svalutazione del peso e sul tasso di povertà al 35 per cento.
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