Fate largo ai “giovani”: tendenza Del Vecchio o assenza di ricambi?

emblema - del vecchio - LEONARDO DEL VECCHIO © VIEGI / EMBLEMA (Agenzia: EMBLEMA) (NomeArchivio: LEONAjcv.JPG)

di Enrico Filotico

Le grandi aziende italiane tornano alle origini. La chiave per riassaporare il successo, oggi, è restituire ai padri fondatori le redini dei motori dell’imprenditoria nazionale. Chiedere a Leonardo Del Vecchio, il signor Luxottica. Non sono state sufficienti le 81 primavere all’imprenditore milanese per rimanere lontano dalla sua azienda, le cui quotazioni da qualche tempo erano in discesa

Tornare sì, per garantire un valore aggiunto che i tecnocrati non posseggono. La qualifica legittima la posizione di un professionista, per essere imprenditori però serve il quid in più che consente di cogliere la semplicità delle azioni di fronte alla complessità dei mercati e alla crescente pressione competitiva. Una formula magica che lo stesso Del Vecchio ha confessato in una lunga intervista rilasciata sulle colonne di Corriere Economia. Una bocciatura per l’ex ad Adil Khan. Quello delle multinazionali oggi è un sistema verticistico, in cui l’intuizione non può prescindere dal tecnicismo e viceversa. Non è dunque incapacità delle nuove leve, ma esaltazione del fattore umano. Da quando Luxottica è tornata sotto il controllo dello storico fondatore sono stati portati avanti progetti di miglioramento del marchio, a partire dall’integrazione di Oakley e Ray Ban, fino allo sviluppo di nuove lenti per finire con l’innesto dei prodotti sui mercati di tutto il mondo razionalizzando l’impegno su quello cinese. Spazio alla digitalizzazione e alle lenti retail, guardando al fattore umano appunto: per tornare leader Luxottica ha valorizzato i giovani presenti nel gruppo dando loro la possibilità di potersi esporre per dimostrare le proprie qualità.

Occhio all’internazionalizzazione poi, e all’acquisto delle nostre imprese da parte di imprenditori esteri. Oakley e Ray-Ban, oggi sotto la guida di Luxottica hanno ritrovato i fasti degli anni migliori. La soluzione? Non è non vendere, quanto non delocalizzare. È lo spostamento all’estero il vero danno che rallenta la crescita imprenditoriale italiana, l’81enne milanese ha tradotto così la situazione delle imprese del Belpaese.

Non lontane dalla grande azienda di Del Vecchio le storie di Brembo, Armani e Nice. Secondo i dati studiati dagli economisti di Aub, le aziende familiari in Italia sono benchmark, modello per le altre. Il successo delle dinastie oggi porta avanti l’italian style, dal 2009 al 2015 Brembo è crescita 16,6% annuo così come l’ebitda, il margine operativo lordo, di Armani e Nice sono cresciuti lo scorso anno rispettivamente del 19,4% e del 13,5%. Tre i modelli di gestione che sarebbero alla base dello sviluppo così roseo. Il primo, è il caso di ‘Fondatore bravo’. In grado, a prescindere dall’età, di guidare la propria azienda con o senza l’inserimento di fattori esterni ed indipendentemente dalle dimensioni dell’attività. Poi il modello familiare chiuso, studiato per le piccole aziende dal fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Ed infine il modello definito ‘per la crescita’, governance aperta e leader giovani.

twitter@EFilotico

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