Iterum rudit leo: la guerra che Mirko combatte ancora

di Roberto Menia

“Iterum rudit leo”. Il leone ruggisce ancora, sebbene siano passati già dieci anni. Mirko Tremaglia vive nei cuori di chi lo ha amato, ammirato, seguito negli insegnamenti, nelle testimonianze, nelle realizzazioni che ha lasciato e nelle battaglie che ha combattuto. “Mio padre è partito per la guerra e non è mai tornato” disse di lui suo figlio Marzio. E aveva ragione: mi piace pensare che la sua guerra continui a combatterla ancora, assieme a noi, da qualche angolo di cielo.

Con l’irruenza e la passione di sempre, con quello spirito garibaldino che lo fece passare dalle trincee di Salò al Ministero per gli italiani nel mondo, assolvendo a un voto fatto sulla tomba del padre, morto prigioniero degli inglesi in Africa.

Anche se sembra una storia del libro Cuore, è proprio così che nacque la sua crociata per gli italiani all’estero: nel 1963 si era recato ad Asmara per cercare la tomba di suo padre. Non conosceva nessuno, ma riuscì a trovarla: c’erano dei fiori freschi, quelli che gli ex coloni ed emigrati italiani deponevano per onorare e mantenere vivo il ricordo dei connazionali mai ritornati in Patria. Tremaglia entrò alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1972. Da allora impegnò il Movimento Sociale Italiano nella battaglia per il diritto di voto per gli italiani all’estero che concluse vittoriosamente quasi dopo tre decenni, sotto le insegne di Alleanza Nazionale, con l’approvazione della “sua” legge, la 459/2001, che ne disciplinava l’esercizio.

“Ho perso moltissime battaglie – disse un giorno – ma ho ricominciato ogni volta daccapo, perché ho sempre creduto e bisogna credere, vince sempre chi più crede”.

Tremaglia era certo un uomo di parte, lo è stato per una vita intera e fino all’ultimo respiro, eppure, ancor più da quando se n’è andato sopra le stelle, è diventato patrimonio comune della miglior politica italiana. E’ bello per noi rivendicarne l’eredità, è ancor più bello vederla riconoscere nell’ammirazione e nel rispetto degli altri, talvolta è irritante invece vedere il tentativo di appropriarsene da parte di mestieranti da strapazzo. Ma lui, il vecchio leone bergamasco, una vita dedicata all’Italia e agli italiani, che penserà di lassù del suo lascito e dell’uso che ne è stato fatto?

Non sono uno che parla con gli spiriti, posso solo immaginarlo… e lo vedo molto, molto rattristato, sofferente, anzi furibondo.

Lui immaginava di portare in Parlamento l’Italia più bella che vive fuori dai confini: quando la illustrava diceva: “Gli italiani all’estero rappresentano un’enorme ricchezza per il Paese. Nel mondo ci sono situazioni economiche e commerciali sviluppate da milioni di cittadini italiani che vivono all’estero e da sessanta milioni di oriundi. La nuova sfida deve mirare a fare avvicinare le comunità italiane all’Italia per rendere esplicite le grandi opportunità che si apriranno in termini politici, culturali ed economici tra il nostro Paese e il Paese di immigrazione italiana, grazie proprio agli italiani all’estero”. E così chiosava: “Avremo in Parlamento i nostri migliori ambasciatori dell’italianità all’estero, imprenditori, scienziati, inventori, ricercatori…”

Si illudeva che così potesse essere, sognando addirittura che di comporre una lista unitaria concordata tra le diverse identità politiche, capace di raccogliere la “crema dell’Italia nel mondo”.

In quel quadro organizzò, durante il suo mandato da ministro, le grandi conferenze degli italiani nel mondo, dagli scienziati e ricercatori, per arrivare ai ristoratori e financo ai missionari; imbastì la confederazione degli imprenditori nel mondo, per garantire i marchi e il made in Italy… 

Ma le cose andarono diversamente da come le aveva immaginate, e fin dal primo giro di giostra… 

La sinistra mise subito in campo la sua organizzazione, ramificata in tutto il mondo, fatta di reti di patronati, sindacati, associazioni a tappeto. La destra, da allora e ancor oggi, si limita a contrapporre il suo spontaneismo, l’entusiasmo di alcuni, le sue buone energie, ma la battaglia è sempre impari. 

In Parlamento non arrivò certo, e lo dico a prescindere dalle parti rappresentate, la crema dell’italianità: salvo alcuni casi di parlamentari eletti all’estero che hanno svolto dignitosamente e con onore il loro ruolo, la media è stata largamente insufficiente e talvolta addirittura imbarazzante. 

Abbiamo imparato a conoscere, in questi anni, parlamentari che resteranno negli annali per essere diventati delle vere e proprie macchiette, incapaci di tenere un qualunque discorso o sostenere una posizione, capaci di vendere voto e cervello pur di vegetare, campioni di salto della quaglia, masnadieri pronti a seguire qualunque onda e qualunque vento pur di restare galla, imbroglioni eletti con i voti falsi. 

Diciamolo chiaro: il meccanismo del voto per corrispondenza (unico possibile quando nacque la legge) ha dimostrato da subito parecchie falle e sempre peggio è andata. Oggi è anacronistico e soprattutto inaffidabile. E’ un segreto di Pulcinella quello dei sacchi di schede votate dalla stessa mano, il meccanismo della pratica pensionistica in cambio delle schede di tutta la famiglia, l’acquisto di sacchi di schede dai postini corrotti o l’acquisto delle stesse dalle tipografie…

Pur con tutte le difficoltà e le possibili obiezioni, ritengo che non ci sia strada diversa dal voto elettronico per l’estero, articolato su modalità tecnologiche semplici ed accessibili anche ai più anziani, che ne garantiscano personalità, segretezza, effettività.

In fin dei conti, il covid che ha rinchiuso tutti in casa, ha “costretto” anche i meno abituati all’uso del pc, a convivere con le nuove tecnologie: tutti ormai, soprattutto quelli lontani dall’Italia, usano normalmente le videochiamate o le videoconferenze, chiunque fa operazioni bancarie e acquisti dal telefonino. 

Sarebbe così difficile votare? Il sistema, che taluni invocano, per il voto su scheda all’interno dei consolati, mi pare francamente realizzabile solo su taluni paesi europei con buona copertura consolare e comunità italiane localizzate, ma impossibile per i paesi d’oltreoceano ove le distanze sono enormi e vi sono consolati con giurisdizioni oltre i mille chilometri…

Ma il problema non è solo tecnico, è più vastamente politico. L’aspetto di fondo è che l’irrilevanza parlamentare de facto degli eletti all’estero, la bassa partecipazione al voto, la scarsa trasparenza ed i brogli recentemente certificati dalla Procura di Roma sul caso Cario, hanno ridato fiato alle trombe di chi, da sempre, ha contestato il voto degli italiani all’estero.

Da quelli che hanno sempre sostenuto che chi non paga le tasse in Italia non abbia il diritto di votare (a loro Tremaglia sprezzante rispondeva “allora togliete il voto ai poveri”), a quelli che invece considerano le comunità italiane nel mondo un qualcosa di avulso dalla realtà della penisola e quindi non meritevoli di condizionare la politica italiana, si è rialzato il coro di chi vuole cancellare la legge Tremaglia.

Lo stesso disastroso risultato del recente voto dei Comites, con la partecipazione del 3% degli aventi diritto – scientemente provocato dall’aver richiesto la preventiva iscrizione a votare – ha contribuito a far levare ancor più alte queste voci. Gli italiani all’estero non meritano di votare per il semplice fatto che non sono interessati alla loro rappresentanza e l’infima partecipazione alle elezioni dei comites lo dimostra, secondo la loro tesi…

La verità è che il voto all’estero è sempre più messo in discussione, il fronte dei favorevoli alla sua cancellazione si è allargato (non certo senza argomenti, in verità) in maniera trasversale, da sinistra a destra. 

Il pensiero mi corre ancora una volta a Mirko Tremaglia e me lo immagino ora, preoccupato ed accigliato, a sbuffare sopra le nuvole. E ripenso ai giorni della sua vittoria, quando gongolando ripeteva tra sé e sé (ma anche ad alta voce per farsi sentire): “guardate un po’ un vecchio fascista diventato distributore di democrazia…”. 

Quella fu davvero una vittoria della democrazia e del sentimento nazionale, di un’italianità che corre oltre il tempo, gli spazi e gli oceani: va difesa, tutelata, non può essere buttata! Ma deve anche essere attualizzata, modernizzata, riempita di contenuti e garanzie.

Toccherà al prossimo parlamento. E se la destra tornerà a vincere, come speriamo, deve essere per la stessa una priorità ed un impegno. Che il vecchio leone ci dia una mano, da lassù…

@robertomenia

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