Lo stop al superbonus? Per evitare l’arrivo della troika

di Leone Protomastro

Parola d’ordine ‘responsabilità’. Un dispiacere per qualcuno oggi per evitare una tragedia finanziaria domani. Quando il Presidente del Consiglio a proposito dello stop al superbonus ha detto che si trattava di un “buco enorme, dovevamo intervenire”, ha semplicemente applicato alla lettera ciò che disse quando giurò nelle mani del Capo dello Stato. Ovvero che avrebbe assunto decisioni politiche, forti, ma utili alla Nazione anche a costo di scontentare qualcuno o di non essere capita fino in fondo.

La scriteriata misura “fiume” partorita dalla foga inconcludente del governo Conte non poteva che finire così, con la necessità fisiologica (e aritmetica) di porre fine a un pozzo senza fondo da cui sono arrivati danni enormi per le casse dello Stato e altrettanto enormi illusioni per cittadini e imprese

Due le ragioni di fondo per cui la decisione del Governo è corretta e sensata. In primis la salvaguardia dei conti pubblici: non è scientificamente possibile proseguire in politiche che poggiano l’intera posta in gioco sulle spalle dello Stato, dopo un triennio caratterizzato da spese incontrollate pur dinanzi ad un evento eccezionale come la pandemia. 

Troppo vivo ancora il ricordo dei banchi a rotelle o delle mascherine pagate a peso d’oro. L’impegno preso da Giorgia Meloni, sia in campagna elettorale che una volta insediatasi a Palazzo Chigi, è stato sempre quello di gestire in maniera oculata la res pubblica, senza incorrere in iniziative dannose come ad esempio è stato il Reddito di Cittadinanza, finito adesso sotto la lente di ingrandimento dell’Europa. Misure straordinarie, approvate da una gestione ultra ideologica e assistenzialistica come quella del M5s e che dovevano essere fermate.

Inoltre, come ha osservato Eurostat, si tratta di misure che se perseguite ulteriormente avrebbero avuto un impatto diretto sul debito pubblico. Tradotto: attenzione ai paletti finanziari di un Paese già esposto come il nostro. 

In secondo luogo c’è anche un’altra esigenza, quella di porre rimedio ad un mercato che di fatto è stato drogato. Non c’è solo l‘inflazione a impattare sul tema edilizio visto che una sacchetta di cemento che costava 2,5 euro ora ne costa il doppio, ma anche prezzi gonfiati ad hoc dal momento che tutti (imprese e utenti) erano consapevoli dell’intervento dello Stato. Alzi la mano chi non si è accordo di preventivi innalzati almeno del 30% per ogni tipo di lavoro.

Alla luce di questo ragionamento che oggi le opposizioni contestano, ma che per primo il Pd aveva lasciato trasparire quando Mario Draghi iniziò a chiudere i cordoni della borsa con l’aggiunta di maggiori controlli dopo le truffe al superbonus, si comprende come la direttrice del Governo Meloni sarà proprio questa anche su altre tematiche delicate e controverse. Parola d’ordine ‘responsabilità’ (che fa rima con credibilità). 

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