Scriveva Filippo Tommaso Marinetti ne “L’alcova d’acciaio” che:
“ho l’anima di un soldato italiano. Sapete cosa significa avere 40 anni, del genio, molto fascino, una potente irradiazione di idee personali nuovissime e sane, regalate al mondo, dei poemi meravigliosi creati, altri da scrivere, e nondimeno volontariamente e con entusiasmo giocare il tutto con disinvoltura per la propria terra e la propria razza in pericolo?”
A cento anni dallo scoppio del primo conflitto mondiale non si può non riflettere su un evento planetario che mutò gli scenari geopolitici di inizio secolo. Il nostro Paese fece il proprio ingresso nel conflitto nel 1915, il 24 maggio come uno Stato povero e impreparato, ragion per cui presto (forse troppo) si trovò in trincea per difendere il proprio territorio e i propri soldati.
Il frangente più difficile fu senza dubbio la debacle di Caporetto nel 1917, ma la resistenza sulla linea del Piave ebbe l’effetto di accendere il fuoco della riscossa anche se durò giusto il tempo di cedere degli austriaci a Vittorio Veneto il 4 novembre.
La Brigata Sassari, costituita in Sardegna tra il febbraio e l’aprile del 1915, rappresentò l’unica formazione dell’esercito italiano reclutata su base regionale. Una sorta di grande eccezione, caratterizzata da codici, valori di riferimento e il modus di combattere. Tra il Carso e Vittorio Veneto la Brigata contò circa duemila caduti e oltre tredicimila tra feriti, mutilati e dispersi. “Disfatta dieci volte e dieci volte rifatta”, scrisse Camillo Bellieni, ufficiale di complemento negli anni del conflitto e grande teorico del sardismo nel dopoguerra.
Numerose le manifestazioni e gli incontri previsti in tutto l’arco dell’anno, come il trittico di mostre promosso a Rovereto, dove dal 4 ottobre aprirà i battenti nella sede principale del museo, “La guerra che verrà non è la prima”, un titolo ispirato ad un poesia di Bertold Brecht. Un percorso di 3000mq in cui emerge il risultato di una composizione narrativa complessa. Secondo momento nella Casa D’Arte Depero, “Calpestare la guerra”, una kermesse con 50 tappeti provenienti dall’Afghanistan, prodotti a partire dal 1979 e ‘fazzoletti di pace’ realizzati da donne e bambini con scene quotidiane di chi la guerra la vive. Infine nelle sale della Galleria Civica di Trento, dal 25 ottobre, Afterimage, con le immagini dei reportage di guerra dagli anni Cinquanta ai giorni nostri.
Ma soprattutto, oltre che celebrare e ricordare, l’auspicio è che questo grande anniversario stimoli l’opinione pubblica biancarossaeverde a ragionare e analizzare le dinamiche geopolitiche che da quel frangente si dipanarono, accompagnate da storie di coraggio puro, come quel Piave che mormorò: non passa lo straniero.