Omofobi e omofili, ma qui manca una parola

????????????????????????????????????????di Claudio Antonelli

Il codice penale italiano sanziona, da molto tempo ormai, ogni compor­tamento di sopraffazione, minaccia, bullismo, violenza, prescindendo dal­le preferenze sessuali della vittima. In sostanza tali comportamenti sono proibiti sia se inflitti agli eterosessua­li sia se diretti ad omosessuali. Di più l’atteggiamento dell’opinione pubblica e del sistema in genere è profondamente cambiato, almeno nelle nostre demo­crazie, nei confronti di tutti coloro che sono minoritari. Quest’ultimi, infatti, sono considerati meritevoli di un par­ticolare rispetto.

E con ciò sono d’accordo. Ma oggi si esagera, perché grazie al culto quasi reli­gioso del “diverso”, si sono create delle categorie privilegiate al di sopra di oggi sospetto perché riservate ai “moral­mente superiori” nei confronti dei quali è ammessa solo la beatificazione. E solo a voler trattare questo tema si rischia il linciaggio morale. Nella categoria dei moralmente superiori, le nostre élites benpensanti, molto impegnate oggigior­no a ben pensare per tutti noi, hanno intronizzato gli omosessuali. E anche i transessuali. Fornendoli della temibile arma accusatoria della “Discriminazio­ne”. Dai giornali: “Michele, il professo­re che va in classe con gonna e tacchi alti”. Dove? A Trieste. E la reazione? “Gli studenti ridono, i genitori criticano, ma la preside lo difende. Lui rivendica con orgoglio: “Sono me stesso”. Non inten­do trattare nel merito la questione dei nuovi tabù, che nella nostra società li­berissima, è pericolosissimo toccare.

Voglio solo esaminare l’insufficienza del nostro vocabolario. Trovo strano che mentre tutti, in Italia, denunciano e met­tono alla gogna una presunta diffusa e intollerabile “omofobia” – sentimento perverso e atteggiamento deviante da reprimere ben presto anche attraverso il braccio armato della legge – nessuno mai pronunci la parola “omofilia”, che è il suo contrario. Io troverei norma­le che accanto al termine “omofobia”, usato a bizzeffe per designare questa nuova devianza che a dire il vero non è troppo ben precisata inglobando un po’ tutto, si usasse ogni tanto anche il termine “omofilia” che è il suo opposto.

Come spiegare quest’assenza dei ter­mini “omofilo” e “omofilia” nel voca­bolario di chi pur fa uso frequente dei termini “omofobo” e “omofobia”, nuo­ve varianti del male assoluto? Sempli­cemente perché si teme d’indentificare con troppa chiarezza ciò che tanti ten­dono a promuovere e che è appunto l’”omofilia”. Attraverso questa omis­sione si mira a elevare l’”omofilia” a norma, parametro, standard, canone, ed essa quindi non ha bisogno di qua­lificativi per essere identificata perché appunto costituisce la normalità. In de­finitiva, l’indifferenza-tolleranza verso i “normali-diversi” e la non etichettatu­ra e non contrapposizione dei cittadi­ni in “omosessuali” e “eterosessuali” non bastano più. Occorre l’”impegno civile” e l’attivismo pro-omosessualità. Non ci si può più rifugiare dietro il “Fate come volete… Le scelte sessuali sono fatti privati…”. O peggio ancora “Io ho amici che so omosessuali ma per me la cosa è indifferente”.

L’indifferenza, la neutralità, la “non par­tecipazione” non sono più ammesse. Il non interesse verso ciò che gli altri fan­no in camera da letto non è tollerato. Occorre l’entusiasmo, la partecipazio­ne, il sostegno, l’applauso, l’ammirazione dell’orgoglio omosessuale, che è l’unico orgoglio ormai celebrato in Occidente. Altrimenti si rischia, appunto, la tre­menda accusa di omofobia. Che io, con ogni probabilità, mi sono già meritato.

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