
L’Europa sta trasformando la Grecia nel lazzaretto d’Europa. Perché non costruire hotspots anche in Turchia? Ancora una volta, dopo la gestione approssimativa del Grexit, Bruxelles e Berlino imboccano una strada che non conduce a nulla. E’ da un anno almeno che si segnala il flusso biblico di profughi e migranti che fuggono dalla morte e dalla guerra, giungendo sulle isole greche del Dodecanneso, ma solo oggi la Nato invia le sue truppe navali in quel fazzoletto di acque in cui si muore ogni giorno.
I cinque hotspots realizzati sulle isole di Kos, Chios, Lesbo e Leros sono un pugno in faccia all’unica fonte di sopravvivenza degli isolani: il turismo. Logica avrebbe voluto invece che i tre miliardi stanziati dall’Ue alla Turchia avessero compreso anche una partecipazione più attiva di Ankara. Perché allora non costruire hotspots anche lì? Forse la protezione smisurata di cui gode Ankara riflette gli interessi geopolitici nellanuova guerra fredda con Mosca? Questo ai greci di Lesbo, Chios, Leros e Rodi non importa.
Qui si sta rischiando grosso, con il germe della violenza e della protesta popolare che, da pacifica, si sta tramutando in violenza come dimostra la sassaiola di Kos con la polizia che ha sparato lacrimogeni sugli albergatori. Dopo il pasticcio del Grexit ecco che l’Unione Europea si appresta ad un’alta partita di giro, che non risolve l’emergenza ma se possibile ne foraggia un’altra.