Scuola paritaria o scuola pubblica? Lo scontro tra le due forme di istruzioni è da sempre fortissimo. Classificate entrambe come luoghi dell’istruzione statali, e dunque tenute a rispettare i programmi ministeriali, le prime prevedono una retta mentre le seconde sono apparentemente gratis.
Non è tutto oro ciò che luccica però, infatti per capire le ragioni dell’ancestrale dicotomia tra i due percorsi di istruzione, sulle colonne di Prima di Tutto Italiani è intervenuta Suor Anna Monia Alfieri, laureata in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nel 2001. Ha conseguito il Magistero di Teologia, indirizzo pedagogico-didattico presso l’Issr di Milano e la laurea in Economia nell’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2007. Dal 2007 è legale rappresentante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline.
Da tempo suor Anna si scontra con il facile populismo che caratterizza tutti i ragionamenti legati alla scuola paritaria, con particolare riferimento da parte della presidente Fidae Lombardia sulla questione economica.
“In Italia di diritto la famiglia ha la responsabilità educativa e libertà di scelta, si può infatti decidere se far frequentare ai proprio figli la scuola statale o paritaria: nella prima però non paghi solo apparentemente dato che in realtà la spesa è praticamente raddoppiata – spiega Suor Anna Monia – Noi oggi ci troviamo di fronte ad un sistema scolastico che è regionalista, siamo agli ultimi posti dei dati OCSE/Pisa secondo cui la Campania e la Sicilia sono dietro, mentre il Veneto e la Lombardia sono molto sopra. Non solo, oggi il nostro sistema di istruzione si rivela classista e discriminatorio, soltanto chi ha un reddito può scegliere in che istituto iscriversi ed inoltre i docenti della scuola paritaria non hanno le stesse garanzie dei docenti della scuola statale a parità di titolo”.
La crociata condotta da una delle figure di massimo rilievo in materia non è rivolta a parteggiare per una o per l’altra parte, sottolinea più volte Suor Anna Monia che ha dato vita ad una vera e propria azione culturale rivolta ad inserire in un mercato libero scuola paritaria e scuola pubblica sotto la vigilanza dello Stato che dovrebbe essere garante. L’analisi in merito alla qualità delle nostre scuole oggi continua, particolare riferimento al ruolo che i docenti hanno assunto negli ultimi anni: “Non possiamo permetterci che la scuola sia un ammortizzatore sociale dei docenti, abbiamo in mano il futuro dei nostri giovani. Dobbiamo avvalerci dei migliori docenti – continua – Non è possibile che ci siano studenti costretti a vedere continuamente l’avvicendamento dei docenti, non possiamo permetterci di non avere professori per i bambini handicappati. Troppo spesso non ci sono soldi, vediamo scene in cui le famiglie portano carta igienica e risme di carta da casa, oppure sui genitori grava il costo delle ripetizioni pomeridiana perché il docente non è bravo ad insegnare. Nella scuola statale i presidi hanno le mani legate. La linea su cui opero, visti i gli studi giuridici ed economici che ho alle spalle, è stata quella di spostare l’attenzione dalle sterili polemiche e di concentrarmi sul Diritto Italiano. Ho deciso infatti di invocare due vie: il costo standard riguarda tutto il comparto scuola, restituisce agli istituti statali l’autonomia scolastica, necessaria, e alla scuola paritaria la libertà di scelta educativa della famiglia”.
Spesso impegnata anche nella tutela delle pari opportunità Suor Anna si è espressa anche in merito al ruolo della donna, e al suo inquadramento lavorativo. “Una cosa che a me stupisce sempre è la mancanza di una candidata premier donna, tanto per dirne una. Non sono una femminista, ma come donna cerco di vivere la mia vita cercando di servire la società. La donna è una che può cambiare la società da dentro, e spero che alle prossime elezioni questo possa essere uno dei cambiamenti. Io credo – continua – che abbiamo bisogno di tante politiche serie sulla famiglia, sui giovani e basti pensare all’alternanza scuola lavoro che in Lombardia tanto funziona per averne una riprova. La politica è arte nobile e per questa nobiltà dovrebbe lottare: questi sono anni in cui bisognerebbe tornare a scrivere buone pagine di storia”.
E conclude: “Ci vogliono politiche sociali serie per l’inserimento della donna, la prima è quella legata alla famiglia. Impensabile che sulle prime pagine dei giornali ci sia un datore di lavoro che assume a tempo indeterminato una donna in cinta, questa dovrebbe essere la normalità. Non deve essere un fenomeno. Pensiamo poi che nel 2017 le donne prendono salari medi più bassi di quelli di un uomo: se una persona vale e ha delle qualità per un determinato ruolo, appunto la donna premier. Bisogna garantirle una giusta retribuzione con orari di lavoro congeniali per poter vivere la propria dimensione familiare”.
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