La regia (e il cuore) di Ligabue per stimolare chi resta alla nostalgia dell’Italia

di Francesca Vivarelli

Con “Made in Italy”, una tormentata dichiarazione di amore verso il nostro Paese, al cinema dal 25 gennaio, Luciano Ligabue veste nuovamente i panni di regista a 20 anni di distanza da “Radiofreccia”, che segnò il suo debutto dietro la macchina da presa, e a 16 da “Da zero a dieci”. “Made in Italy”, film prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e distribuito da Medusa, è un progetto “balordo”, parola del Liga, perché “ fare negli anni 2000 un concept album – l’omonimo cd tre volte disco di platino, antesignano del film, uscito un anno e mezzo fa ndr- è anacronistico, è al limite della presunzione in tempi come questi, però era quello che io volevo fare a quel punto della carriera” spiega Luciano durante la conferenza stampa di presentazione del film.

La storia c’era, dunque non esistevano più scuse per non esprimere quell’amore per “uno dei paesi più belli al mondo” , tanto forte e grande quanto frustrato a causa dei problemi, irrisolti, che l’attanagliano. “Volevo raccontare questo sentimento attraverso gli occhi di uno che ha meno privilegi di me: Riko (Stefano Accorsi ndr) vive in un tessuto normale, ha una vita normale, ha un rapporto molto forte con le radici e con il paese”.

Riko, l’alter ego di Ligabue se le cose non gli fossero andate diversamente , vive un po’ stretta la sua esistenza , ma il cambiamento fa paura, “siamo propensi a pensare che non porti buone cose, specialmente se ci si ancora a quelle due o tre certezze che si hanno. Il cambiamento, però, è inevitabile ed è come noi reagiamo agli eventi a proporre la nostra realtà”, dice il regista.

Nel paradosso, Riko, sfogandosi con il suo migliore amico Carnevale (Fausto Maria Sciarappa), si lamenta che da anni aspetta un cambiamento che non arriva, ma è lui stesso imbrigliato nelle sue certezze, emblematica al riguardo la risposta dell’amico: “cambia te, invece di aspettare i cambiamenti”.

Ed ecco quindi un uomo di mezza età, onesto, alle prese con una vita in cui tutto sembra essere diventato improvvisamente precario: il lavoro, il futuro, il suo rapporto con la moglie Sara (Kasia Smutniak). Un uomo che perde il senso di identità, che diventa fragile. Ma Riko decide di mettersi in gioco e prendere finalmente in mano il suo destino: “la sua crisi gli permetterà di cambiare lo sguardo sulle cose”, chiosa il rocker-regista.

“Questo è un film sentimentale – asserisce Ligabue – nel senso che più di tutto mi interessava raccontare gli stati d’animo di un gruppo di persone perbene” che rimangono tali nonostante la legge del furiere – intensamente esplicitata in una scena del film – riassumibile più o meno così: nel nostro Paese, chi più è ligio al proprio dovere e lo compie silentemente, più è chiamato a montare la guardia, a differenza di chi sbraita con arroganza e lo comanda. Ligabue, anche in quest’occasione, non si discosta di una virgola dalla sua scelta narrativa di genuinità; anche in “Made in Italy” trionfa uno spaccato di vita vera, un mondo nostrano, di provincia, dove è la gente normale a fare da protagonista: “da quasi trent’anni faccio un mestiere che mi ha reso personaggio pubblico – spiega Luciano Ligabue – e ho conosciuto moltissima gente, ma gli amici dell’infanzia sono la realtà che frequento di più e mi piaceva l’idea che ci fosse la possibilità di provare a dar voce a loro, perché non hanno mai occasione. Ancora una volta l’ambientazione, quasi per intero, è quella più familiare, quella di casa mia. Ancora una volta l’ispirazione per personaggi e argomenti viene in buona parte dalla realtà che conosco e in particolare da alcuni dei miei amici storici che in materia di ingiustizia fiscale, spostamenti in avanti di pensione e licenziamenti ne sanno certamente più di me”.

Made in Italy, a detta di Ligabue, non vuole essere “un’analisi sociale, ma un’analisi specifica di una persona come Riko, che, nel momento in cui perde il lavoro, perde un proprio profondo senso di identità. Non è solo non essere più utile a casa con lo stipendio, è un discorso che ha a che fare con il chi sei, quanto fragile diventi quando perdi quel tipo di certezze”.

Made in Italy, una celebrazione drammaticamente appassionata del bel Paese, un film, a detta di Ligabue, che vuole far provare nostalgia dell’Italia a chi sceglie di restarci. Il messaggio finale è volutamente lasciato all’interpretazione dello spettatore perché “deve viverlo come sentimentalmente si predispone”, spiega il regista, sottolineando però, contestualmente, la presenza di un particolare che di certo rappresenta “un segnale forte di speranza”.

twitter@PrimadiTuttoIta

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...