Dopo Colombo, Mameli: la sinistra colpisce ancora

di Paolo Falliro

Il vignettista Vauro rilancia la proposta dei partiti di sinistra di accompagnare Bella Ciao all’Inno di Mameli: “Fosse per me Bella Ciao sostituirebbe addirittura l’Inno di Mameli – ha detto all’Adnkronos – intanto perché più bella; inoltre perché è veramente una canzone della Repubblica italiana nata dalla resistenza anti fascista; infine perché è un inno alla libertà, adottato in tutto il mondo e cantato in più lingue”.

Vauro studi la storia, capirà che l’Inno di Mameli vale più di altre strofe per mille e più motivi. Scritto nel 1847 dal patriota genovese Goffredo Mameli, con la musica di Michele Novaro, l’Inno che il vignettista vorrebbe pensionare è invece il vero punto di raccordo unitario. Ma dal momento che certa presunta intellighenzia di sinistra ritiene di avere un grosso bagaglio culturale, ecco che è necessario imboccar loro la storia, quella vera, non quella scritta da chi nel dopoguerra si “prese” scuole e università.

Lo sforzo di Mameli è stato quello di cucire un desiderio di raccogliersi sotto un’unica bandiera, quella rappresentata dagli ideali di un’Italia che, nel 1848, era ancora divisa in sette Stati: ovvero Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena. Pregiato, poi, è il richiamo alle armi, quindi all’essere pronti a perdere la vita per un ideale, e quello a Legnano, a cui anela ogni città italiana: lì nel 1176 i comuni lombardi respinsero l’imperatore Federico Barbarossa.

Più in generale e uscendo dalla nicchia prettamente storica, colpisce delle sciatte parole di Vauro lo spregio per il passato, per chi ha sacrificato la vita sull’altare di un paese, per quell’unità di intenti che la sinistra, solo a parole, teorizza sbandierando di avere la verità in tasca. Qualcuno vorrebbe ancora una volta riscrivere la storia, plasmarla come la plastelina, a proprio piacimento così come facevano alcuni vecchi regimi guidati dal dittatore di turno.

E’il grande limite della sinistra, quello che portato al default dei partiti socialdemocratici in mezza Europa: l’ipocrisia di annunciare a parole un mondo migliore, che si scontra con il frutto delle proprie azioni. E’ sufficiente analizzare i risultati delle suddette politiche, quelle stesse che vogliono cancellare la storia di Cristoforo Colombo, l’inno di Mameli, la filosofia ellenica. Sono i deliri di pezzetti di classe dirigente imbevuta di vetero-ideologismo, che ha esaurito spunti e idee. E procede solo alla cieca.

Ha ragione Ignazio La Russa, vicepresidente del Senato, quado osserva che ‘Bella ciao’ non può sostituire il canto ‘Fratelli d’Italia’. “Sto ancora aspettando che il testo di Fratelli d’Italia si insegni a scuola, c’è una legge che lo prevede ma nessuno lo fa. Se proprio si vuole tornare indietro nella storia c’è la canzone del Piave per ricordare i caduti della guerra”.

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