Tutte le previsioni sbagliate sul primo semestre di Giorgia Meloni

di Leone Protomastro

Avevano detto che non avrebbe superato le urne e che non sarebbe riuscita a formare il governo. In seguito che non avrebbe mangiato il panettore, la colomba, che non sarebbe riuscita a portare a casa la legge di bilancio, la nuova credibilità internazionale, né il Piano Mattei. Ora dicono che non riuscirà a fare le riforme che sono scritte nel programma con cui Giorgia Meloni ha vinto le elezioni (e verosimilmente vincerà le europee). 

I fatti raccontano che tutte le previsioni della sinistra (e del circuito mediatico costantemente a supporto) sono state errate. Due gli appuntamenti all’orizzonte: la spinta riformatrice verso un nuovo corso della storia repubblicana italiana e le elezioni europee.

Sul primo punto l’apertura del premier agli altri partiti è spia di grande capacità inclusiva: la maggioranza ha capito da tempo che la sinistra si batte sul terreno della franchezza e della trasparenza. Lì dove il Pd e i suoi alleati non sono riusciti ad incidere nel decennio in cui hanno governato senza vincere le elezioni, agiranno FdI e i suoi alleati, nella consapevolezza che l’inclusione è un’opportunità per gli altri, ma non deve essere un freno. Dal momento che il progetto presidenzialista è nel programma con cui FdI ha vinto le elezioni, se gli altri partiti vorranno contribuire alla riforma bene, contrariamente i numeri ci sono in entrambe le Camere per proseguire senza alcun intralcio.

Sul secondo punto ciò che sta facendo perdere la bussola ai socialisti di mezza Europa è la possibilità, sempre più concreta, che finisca l’era geologica di una Commissione di larghe intese: probabilmente la maggiornza Ursula verrà sostituita da una maggioranza di centrodestra, composta da Ecr e Ppe, così come l’ultimo vertice dei popolari a Monaco di Baviera dimostra. In quell’assise i players che hanno riconosciuto non solo abilità politica, ma grande credibilità internazionale al Presidente del Consiglio, sono stati più dei diffidenti e stanno crescendo. 

L’ansia da prestazione di chi ancora solleva dubbi è figlia di una certa moral suasion francese, dove il partito di Emmanuel Macron è dato in caduta libera (per questo l’Eliseo scalcia verso Roma) e vede come fumo negli occhi il nuovo asse conservatore che, grazie allo sforzo di chi presiede il gruppo Ecr, sta portando alla costruzione fattiva del dopo-Merkel. 

Il resto sono solo schermaglie ad uso e consumo di un certo circuito mediatico che si nutre di aspetti secondari, come l’armocromia del capo dell’estrema sinistra italiana, piombata indietro di 50 anni. 

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