Parlare di libertà ed essere liberi, disse una volta l’attore americano Jack Nicholson, “sono due cose diverse”. Venticinque anni fa, esattamente nel dicembre del 1989, le prime scosse di assestamento post crollo del muro di Berlino giunsero fino a Timisoara. Lì la rivoluzione rumena scrisse la parola fine al cruento regime di Ceausescu, lì in quella che nel 1884 fece segnare il primato europeo tra le città con l’illuminazione in tutte le strade, la prima spedizione italiana offrì importanti aiuti e sostegni concreti al popolo rumeno che decise di dire no alla violenza e all’oppressione.
Roberto Menia e Paris Lippi nel libro “Libertate” (Media edizioni 1989) ripercorsero testimonianze, immagini, emozioni in un fotodiario di viaggio che, un quarto di secolo dopo, fanno ancora accapponare la pelle. Erano giorni duri ma pieni di speranza. La popolazione scese in strada ufficialmente per impedire alla polizia di arrestare il pastore battista Lászlo Tökés. La sua unica colpa? Aver alzato un dito per criticare il regime di Ceaucescu. Ma i fedeli, da essere un gruppetto, ben presto di trasformarono in folla,numerosa e decisa, che si scontrò con la Militia e la Securitate, rispettivamente le forze dell’ordine e i sevizi segreti: la posta in gioco era quel bene prezioso, di cui sovente ci si accorge che è unico, solo quando lo si perde. La libertà. Ed ecco i primi carri armati fare capolino per le strade, dove poi gli italiani che da Trieste partirono alla volta della Romania, salirono per issare la bandiera italiana e sostenere il popolo in rivolta.
Un Natale diverso e unico che gli autori decisero di trascorrere dove la schiavitù comunista si trasformò in sevizie, torture, privazioni per documentare di persona “l’orrore dei massacri, la pietà e la forza morale della gente, il coraggio e la fede dei patrioti, l’anelito alla libertà e all’affrancamento dalla schiavitù da parte di un popolo intero”,come si legge nella prefazione. Meglio di tante parole possono, a distanza di anni, le immagini in bianco e nero e la loro forza virulenta: le bandiere con la stella stracciata, il tricolore rumeno ben piantato sulle fosse, le istantanee dei massacri e delle violenze a donne, bambini, (ricuciti alla meno peggio) e persino allo stesso medico costretto dal regime a torture ed esperimenti.
Ma poi anche le immagini positive e piene di speranza: la voglia di ricominciare la vivere, la lotta per la libertà, gli aiuti delle associazioni e della Croce Rossa portati sul camion che da Trieste giunse a Timisoara, la spinta verso un nuovo mondo di pace e giustizia. E soprattutto la voce di quelle guardie alla frontiera che scandirono ai viaggiatori: “Grazie fratelli italiani. Siete i primi”.
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