“Manca invece, a tutt’oggi, in Italia una politica della ricerca scientifica che valga a stabilire una alleanza d’ordine costituzionale fra i “creatori” del mondo futuro e gli “organizzatori” del mondo presente”. Il tema della ricerca scientifica è uno dei topos del XXI secolo, e sebbene l’articolo 9 della Costituzione renda all’argomento giustizia, le parole del costituzionalista Temistocle Martines inchiodano uno Stato che ad oggi non è in grado di essere terreno fertile per lo sviluppo. Ed è anzi correo di quel gap che oggi separa le due facce della stessa medaglia, l’Italia. Di seguito la seconda parte dell’intervista iniziata nello scorso numero di Prima di Tutto Italiani, ad Andrea Gatto, direttore dell’Osservatorio SvEc sui nuovi paradigmi dello sviluppo economico, con cui siamo infatti riusciti ad effettuare un tour all’interno dell’economia del sud Italia e nelle ripercussioni che le diverse fasi politiche dell’ultimo
quinquennio hanno avuto su di essa.
L’avvicendamento di diverse forze politiche alla guida del Paese nell’ultimo quinquennio può essere stata la causa di un rallentamento generale in Italia?
Tra gli obiettivi principali dell’ItalianInstitute for the Future c’è proprio quello di ricostruire un’agenda politica di lungo termine. Soffriamo di una debolezza politica che ormai si è tradotta in un problema strutturale di governance, caratterizzata da amministrazioni opache, inefficienti e poco lungimiranti. Questa instabilità la scontiamo soprattutto sul piano economico, dove il Paese avverte una debolezza dovuta ad anni di vuoto politico che vanno ben oltre lo stallo politico dell’ultimo quinquennio. Tra i motivi della severità di questa crisi economica non possiamo fare a meno di pensare alle politiche del lavoro, alle strategie di politica industriale e fiscale portate avanti dai tanti governi che si sono avvicendati alla guida del nostro Paese, dai quali usciamo con pesanti danni a livello produttivo e commerciale e ai quali vengono in soccorso poche voci, tra cui qualche settore del Made in Italy come l’agroalimentare e la moda. All’immobilità nazionale vanno aggiunti grandi equivoci comunitari come la politica monetaria, quella agricola e quella d’immigrazione, colpevoli di aver generato un’impasse che ha contribuito ad inasprire i termini recessivi e i problemi sociali. Oltre al recupero dei settori tradizionali, lezioni come quella scandinava o dell’Estremo Oriente stanno a testimoniare che investire in innovazione tecnologica, in ricerca e sviluppo, formazione e altri assi principali per lo sviluppo economico sociale di lungo termine diventa necessario soprattutto in tempi di crisi economica.
Uno dei suoi ultimi lavori si chiama “La lavorazione delle pelli in Campania: il distretto calzaturiero, conciario e il polo guantaio”, edito per il Centro Studi Casartigiani. Nello sviluppo nazionale, europeo e mondiale, il sud italia dove si colloca?
Il settore della pelletteria in Italia e in Campania vanta tradizioni nobili e antichissime. Basti pensare che solo
Napoli è arrivata a produrre il 90% della manifattura mondiale di guanti in pelledi qualità finissima, localizzate quasi tutte al Rione Sanità e al Centro Storico della città. Del resto la lavorazione delle pelli afferisce ad uno dei settori più fiorenti in Italia, quello della moda, uno dei comparti produttivi trainanti dell’economia nazionale. Nonostante la crisi che si è abbattuta anche sull’artigianato, l’Italia e il Mezzogiorno possono contare su decine di distretti e settori produttivi tradizionali. Diventa prioritario dare slancio a queste produzioni, ripartendo dallo sviluppo locale ed evitando la retorica che spesso accompagna i discorsi sul Made in Italy. L’artigianato va rivisto in ottica di prospettiva, non sono più sufficienti un talento, una bottega e una tradizione tramandata di padre in figlio: c’è bisogno di dedicare una maggiore attenzione alla formazione e all’aggiornamento, così come all’intera filiera produttiva, dal prodotto grezzo alla vetrina. Questo comporta la messa in regola delle tante attività sommerse, con l’obiettivo di attribuire dignità e qualità al lavoro artigianale e al contempo dare ossigeno alle stesse attività produttive.
Con quali strumenti?
L’accesso al credito è un altro aspetto da ridiscutere, dove si stanno facendo strada strumenti di microfinanza, fondamentali per la crescita delle attività e per l’emancipazione da pratiche illegali. Certificare e monitorare
l’origine e i metodi di lavorazione dei prodotti, prepararsi ai mercati internazionali per portare i nostri prodotti
nelle boutique di alta moda con i nostri marchi, limitando il ricorso al contoterzismo per le grandi griffe sono alcune delle strategie su cui insistere a livello direttivo. Infine, anche in settori che all’apparenza possono sembrare strettamente tradizionali, emerge la necessità di aprirsi all’innovazione, in un’interazione tra antico e moderno che si sta finalmente facendo strada. In questi settori il Sud Italia ha un ruolo centrale, per retaggi storici, culturali ed economici, ma è anche vero che paesi meno dotati sia sul piano delle tradizioni, che dei prodotti locali, dei beni paesaggistici ed ambientali, hanno saputo ottimizzare tali risorse e i rispettivi settori, generando indotti di ben altro rilievo.
Può la Campania, spesso terra al centro di scandali ambientali, diventare il fulcro economico del Sud Italia?
La questione ambientale è una delle priorità che si trova ad affrontare il nostro Paese. La scarsa lungimiranza con cui si è intervenuti sulla tematica ambientale ha palesato tutti i limiti del policy making italiano, colpevole di aver fatto accumulare al Paese un ritardo importante rispetto ad altri Stati membri dell’Unione Europea su questioni impellenti e delicate. Tra l’altro, la questione è connessa ad una serie di problemi di grande importanza, tra cui lo sviluppo territoriale, la questione energetica e la sicurezza alimentare. Questo è vero soprattutto in una regione flagellata da problemi arrivati alla ribalta internazionale per scandali ambientali, mossi da decenni di una gestione del territorio scellerata se non criminale, assecondata da amministrazioni che si sono rivelate nel migliore dei casi miopi.
Con danni anche imprenditoriali…
Problemi come la gestione dei rifiuti e l’inquinamento dei terreni e delle falde acquifere hanno fatto registrare pesanti perdite per settori regionali come quello turistico ed enogastronomico; basti pensare che all’indomani delle rilevazioni sullo scandalo della Terra dei fuochi, produzioni come quella casearia dell’agro aversano hanno registrato un calo verticale del 30% delle vendite. Ad ogni modo ci sono segnali che lasciano presagire un cambiamento di rotta.
Quali?
La crescente attenzione che viene dedicata ai controlli e alla certificazione della filiera del settore agroalimentare a livello nazionale, in zone come la Campania è diventata ancora maggiore a seguito dei gravi danni accorsi; gli alimenti che hanno determinate provenienze geografiche oggi sono generalmente oggetto di ispezioni e controlli aggiuntivi. Questo è un aspetto fondamentale per recuperare un valore del territorio che rischia di essere dilapidato se si pensa che la Campania è la seconda regione d’Italia per prodotti di tradizione enogastronomica territoriale. Al contempo, nonostante i gravi problemi del territorio, diventa importante recuperare il valore prodotto dal territorio e l’immagine scalfita, a torto o a ragione, da un giornalismo più interessato al fare notizia che ai fatti e alla scientificità.
La Campania come nuova terra dove investire?
La Campania possiede tutte le risorse ambientali, paesaggistiche e culturali e le potenzialità economiche per tornare ad essere una regione cruciale per lo sviluppo e la produzione scientifica e culturale, in Italia come in Europa. Non va dimenticato, però, che la questione ambientale si va ad aggiungere ad una recessione economica tra le più severe d’Europa: le stime trimestrali governative ed intergovernative inchiodano l’Italia e il Meridione in coda alle classifiche europee, descrivendo una crisi che richiederà molti anni prima di una ripresa economica definitiva e che evidenzia problemi sociali ai quali sarà ben difficile trovare una soluzione nei prossimi decenni. Ripartire dal territorio, dallo sviluppo locale e progettare il domani che verrà sono alcune delle misure essenziali per tornare ad assicurare occupazione, sviluppo e prosperità alla Regione e al Paese e riprendersi il futuro.
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