Ecco le “primavere balcaniche”. Bucarest come GeziPark?

romaniadi Matteo Zanellato

Bucarest – Passione politica e voglia di cambiamento hanno portato pochi giorni fa più di trenta mila persone in piazza Universitatii a Bucarest, la stessa piazza che diede vita alla rivoluzione nel 1989. Cos’è cambiato rispetto a prima? Stiamo forse assistendo alla fine del processo di transizione ad una democrazia compiuta dopo ventisei anni dalla fine del comunismo? Per chiarire meglio questi e altri temi, Prima di Tutto Italiani ha incontrato il Prof. Radu Alexandru Cucuta, docente di teoria delle relazioni internazionali presso l’Università SNSPA – Scuola Nazionale di Scienze Politiche e Amministrative di Bucarest, a una settimana dalle dimissioni del premier Victor Ponta.

Parliamo della crisi di governo, cos’è successo in Romania? Le manifestazioni derivano da un malessere diffuso?
La caduta del governo guidato da Victor Ponta è il risultato diretto delle manifestazioni di piazza innescate dall’incendio della discoteca Colectiv, che ha causato molte vittime. Le manifestazioni non hanno preso di mira soltanto il governo Ponta, ma anche le pubbliche autorità colpevoli di non aver verificato con il giusto rigore il rispetto delle norme sulla pubblica sicurezza. Le proteste si sono quindi allargate a tutta la classe politica rumena, considerata direttamente responsabile di non aver realizzato un sistema amministrativo efficiente in grado di svolgere i propri compiti. Ovviamente la credibilità di Ponta, erosa anche dal risultato delle presidenziali di un anno fa, ha contribuito significativamente al risultato a cui oggi assistiamo. Non credo ci sia una sensazione generale di “malessere”. Anzi, c’è probabilmente almeno una parte della società rumena che si sente legittimata dallo scollamento tra la classe politica e i segmenti più dinamici e non conformisti della società. L’insoddisfazione nei confronti delle capacità dei politici è molto diffusa ed è presente dall’inizio della transizione politica iniziata dopo il 1989. Poche persone hanno fiducia nei leader politici rumeni. La crescita delle proteste, la velocità con cui sono cresciute di intensità e, come nel 2012, la sensazione che le critiche siano profondamente legittime sono fattori che hanno contribuito al susseguirsi degli eventi».

Il presidente della Repubblica Iohannis è uscito in strada per ascoltare i manifestanti, è stata soltanto pubblicità o ha dimostrato di voler ascoltare la società civile?
Era ovvio che il presidente avesse come obiettivo il cambio del governo sin dal suo insediamento, così ha cercato di capitalizzare l’effetto delle manifestazioni. Resta comunque difficile da credere che una passeggiata tra i manifestanti sia stata sufficiente a capire cosa chiede la “strada”. Il presidente ha cercato di sfruttare le proteste, ma questo potrebbe essere un gioco pericoloso. Le rivendicazioni dei manifestanti (combattere la corruzione, rendere più efficiente la macchina burocratica) sono rivendicazioni politiche, chi è in piazza non le percepisce diversamente. Qualsiasi tentativo da parte di un attore politico in evidenza di capitalizzare queste manifestazioni potrebbe rivolgersi contro. Anche per questo alla caduta del governo Ponta non c’è stato un governo del PNL. D’altra parte, come si è visto durante le consultazioni a Palazzo Cotroceni, non c’è un politico che sarebbe disposto a prendersi il rischio di rispondere alle pretese dei manifestanti.

Dacian Cioloș, un tecnocrate in Romania, sarà capace di governare?
La tecnocrazia è principalmente un simbolo con forti connotati nello spazio pubblico rumeno. Da una parte, ci si aspetta che venga imposta la meritocrazia nello spazio pubblico. Nonostante tutte le richieste fatte dai manifestanti siano puramente politiche, un governo di tecnocrati manca di un carattere politico: di base c’è l’incapacità della classe politica di dimostrare le sue abilità, e comunque esiste la convinzione, a volte anche da parte degli uomini politici, che i tecnocrati siano una soluzione migliore.

Quali sono i partiti che lo appoggeranno?
Il governo proposto da Cioloş ha l’appoggio di PSD e PNL, i due partiti più grandi in Parlamento. Era comunque difficile organizzare le elezioni anticipate, e i partiti hanno preferito aspettare. Il problema sarà come gestirà le cose il nuovo Premier, che ha già assunto la posizione di uomo “al di fuori” dello spazio politico in sé (anche se è già stato Commissario Europeo) come gestirà la relazione con i partiti politici e con la maggioranza parlamentare contestuale.

Un tecnocrate può risolvere il problema della corruzione?
Non credo che l’appartenenza politica o l’auto-identificazione professionale siano un problema nella gestione della corruzione. La società rumena si è rivelata quasi incapace di costruire istituzioni pubbliche con regole e comportamenti che rispondessero alle aspettative. La soluzione non può essere limitata al sistema giudiziario e al DNA (dipartimento anticorruzione), anche se sarebbe bene funzionassero. È difficile trovare una risposta, che deve essere ovviamente migliore di alcune nomine in posti chiave, e non dipenderà dalle qualità del nuovo premier. Sì, la credibilità di Cioloş è una risorsa. L’entità e la complessità del fenomeno corruzione in Romania rappresenta un problema per il governo che è già stato messo in discussione. Ironia della sorte, proprio l’assegnazione del portafoglio della giustizia è stata la prima difficoltà del presidente, che ha dovuto sostituire la prima candidatura di Cristina Guseth a causa della posizione di fronte alla commissione legislativa.

Quali sono le sfide più importanti che il nuovo governo dovrà affrontare da qui alle elezioni di fine 2016?
Nonostante questa scadenza quasi fatale, le sfide non si fermano alle elezioni locali o generali del prossimo anno. Sono di due tipi, da un lato, il governo continuerà a gestire un rapporto difficile con i partiti presenti in parlamento nonostante la mancanza di collegamenti con i politici dei nuovi ministri. La sopravvivenza del governo dipende da questo. Dall’altro ci sono gli obiettivi assunti dall’esecutivo. Ogni suo insuccesso o ogni suo “compromesso” troppo “compromettente” coi partiti non farebbe altro che deludere le grandi aspettative (e diffuse) dei manifestanti. Infine, il governo opererà in un periodo in cui vedremo se dai manifestanti o dalla società civile usciranno nuovi concorrenti politici. E questo crea una potenziale pressione supplementare al governo Cioloş.

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