di Francesco De Palo
E’pensabile costruire l’Europa di domani senza interrogarsi sulla deriva dei nuovi compagni di viaggio e sui potenziali danni che potrebbero arrecare alla già pericolante nave europea? Le elezioni in Montenegro del prossimo 16 ottobre potrebbero rappresentare un vero spartiacque, non solo per il Paese balcanico ma anche per la stessa Ue, chiamata ad osservare con attenzione i numeri e i trend di uno Stato che l’attuale premier Milo Djukanovic, un passato legato al contrabbando internazionale di sigarette e al potere da 25 anni, sta conducendo ad un altissimo indebitamento, con scarsa attenzione ai diritti umani ed alla libertà di stampa.
Che succede in Montenegro. Il Paese si sta dirigendo verso “trend” greci, con un debito pubblico giunto già al 70% del pil, con nessuna riforma in cantiere, senza regole di concorrenza e trasparenza, con numerosi scandali che si intrecciano con famiglia e cerchia di amici del premier. Una situazione al limite della legalità, come ha certificato la stessa Ue nel “Montenegro report 2014″ in cui ha preso ufficialmente atto che il tasso di libertà e democrazia nel paese è ampiamente sotto la media, ma di contro nell’ultimo anno ha spinto non poco per il suo ingresso in Ue e Nato. Inoltre l’organizzazione internazionale non governativa Organized Crime and Corruption Reporting Project ha decretato come “uomo dell’anno per il crimine organizzato” il primo ministro Djukanovic. E secondo quanto scritto dal “Gan Business anti corruption portal” la corruzione è il primo problema per gli investitori in Montenegro, particolarmente diffusa a livello comunale negli appalti pubblici, nelle privatizzazioni, nell’istruzione e nell’assistenza sanitaria. Il codice penale del Montenegro si applica a tutti gli individui nei settori pubblico e privato, e criminalizza la corruzione attiva e passiva, abuso d’ufficio, traffico d’influenza e la frode. Ma l’applicazione della legislazione anti-corruzione è ostacolata da un insufficiente coordinamento istituzionale. Come dire che il governo non vigila.
Il Fronte Democratico. Principale avversario del partito di Djukanovic è il Fronte Democratico, fondato nel 2012. Ha come obiettivo sostituirsi al Partito Democratico dei Socialisti (DPS) del premier definito “autoritario, retrogrado, criminalistico e oligarchico”. Al suo interno trovano spazio intellettuali, dissidenti, esponenti delle minoranze e della società civile che nell’ultimo quarto di secolo sono stati emarginati dal regime al potere.
Dalla sua ha un programma estremamente pragmatico e lontano dalla retorica presente nelle promesse del premier, come il doppio slogan dell’adesione all’Ue ed alla Nato che si scontra con la realtà di un debito pubblico in pericolosa ascesa e in assenza di regole certe quanto a concorrenza e gestione degli investimenti esteri. Secondo il Fronte Democratico alla base di una nuova società, moderna e funzionale, deve esserci la cosiddetta lustrazione: ovvero coloro che sono stati coinvolti in casi di corruzione devono essere messi sotto processo. Come dire che sino a ieri la macchina della giustizia a Podgorica ha funzionato male. Ben 595 le proposte presenti nel suo vademecum partendo sì dall’industria dei metalli (che resta la base dell’economia reale) ma armonizzandola con le fonti rinnovabili ed un turismo da gestire in maniera diversa: meno clientelismi e più internazionalizzazione. Il simbolo nel suo logo, scritto in caratteri cirillici e latini, ritrae una colomba con un albero di ulivo e una miscellanea di vecchi e nuovi colori del territorio montenegrino. Il Fronte è si orientato ad un’armonizzazione con l’Ue, ma ritiene altresì che la domanda di adesione alla Nato debba essere sottoposta a referendum popolare e non figlia di una decisione unilaterale.
DSP. E’l’acrononimo del Partito Democratico dei Socialisti impersonificato dal suo controverso leader Milo Đukanović, al potere da un quarto di secolo e al centro di tutte le questioni (politiche, economiche, giudiziarie) del Montenegro. Sono state due istituzioni internazionali le prime ad investigare sugli affari poco chiari della sua famiglia, come la gestione della First Bank, i casi relativi ai danni subiti dall’azienda cipriota Ceac e dall’olandese Msnn, passando per il consueto scandalo legato al business delle telecomunicazioni.
Scandalo Magyar Telekom. Uno degli scandali su cui negli ultimi anni hanno indagato in tanti (fuori dal Montenegro) è quello che ha coinvolto il più grande provider di telecomunicazioni in Ungheria, che ha pagato una salatissima penale pur di chiudere le accuse civili e penali rivoltegli. Nel 2011 stando a quanto appurato dalla Securities and Exchange Commission (SEC) tre altissimi dirigenti della Magyar Telekom furono accusati di aver versato tangenti a vari funzionari governativi e ad esponenti politici di Fyrom e Montenegro. L’obiettivo era quello di aggiudicarsi gare di appalto eludendo i vincoli di concorrenza nel settore delle telecomunicazioni. In un rapporto ad hoc la SEC ha messo nero su bianco che tre alti dirigenti della Magyar Telekom Plc. “hanno orchestrato, approvato ed eseguito un piano per corrompere una serie di soggetti tra il 2005 e il 2006 per impedire l’introduzione di un nuovo concorrente e quindi ottenere altri benefici regolari”. Il format è stato applicato in Fyrom e poi in Montenegro con le identiche modalità: da alcune filiali della Magyar Telekom in Fyron sarebbero partiti pagamenti illegali sotto forma di contratti di consulenza fittizi. Anche la società “madre” di Magyar Telekom, la Deutsche Telekom AG, è stata accusata di violazioni ai libri e registri contabili dal Foreign Corrupt Practices Act (FCPA).
Qui Usa. La Commissione statunitense per la Sicurezza e la Borsa è stata la prima ad individuare irregolarità durante la vendita Telekom: il tutto è venuto alla luce negli Stati Uniti quando le azioni Magyar Telekom sono state quotate all’American Stock Exchange. Magyar Telekom con il 76,53% della montenegrina Telekom nel 2005 divenne così il soggetto di maggioranza della società. Fu in quella occasione che le autorità inquirenti americane dissero di avere informazioni che tre amministratori di Magyar Telekom avevano corrotto alcuni funzionari montenegrini, nonché la “sorella di un alto funzionario” per assicurare che l’offerta per Telekom venisse accettata.
Omicidio Jovanovic. Infine è alla voce libertà di stampa che il paese ha fatto molto parlare di sé. Simbolo della lotta per una stampa libera è Dusko Jovanovic, il direttore del quotidiano Dan, giornale vicino alle minorane serbe, ucciso nel 2004 da due killer. Da subito l’opposizione parlò di un coinvolgimento diretto Governo nell’omicidio. Infatti la famiglia di Jovanovic riferì agli inquirenti che era fra gli articoli pubblicati da Dan che poteva essere trovato il fil rouge che avrebbe dato il nome dell’assassino e il movente. Era stato Dan a effettuare numerosi reportages sul coinvolgimento di Djukanovic nel contrabbando internazionale di sigarette, e che lo fece dialogare con le mafie italiane: Camorra Sacra Corona Unita.
Le accuse nei confronti di Djukanovic delle procure di Napoli e Bari, poi, vennero archiviate per difetto di giurisdizione poiché egli godeva dell’immunità diplomatica riservata ai capi di Stato.Tutti elementi che sono stati al centro del volume di Antonio Evangelista, ‘La torre dei crani’, con la prefazione curata da Pino Arlacchi già vice segretario dell’Onu.
Mi inquieta il fatto che Ue e Nato vogliano dialogare con un vero e proprio dittatore, che è stato anche condannato per contrabbando di sigarette dalle procure di Napoli e Bari, e che l’ha fatta franca solo grazie all’immunità diplomatica. Cosa avremo mai da guadagnare da un simile individuo? E ancora, cosa ci guadagna l’Ue, che ha già moltissimi problemi, ad inglobare un altro Stato zavorra?
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Il problema è che di diritti umani e di libertà di stampa non si occupa più nessuno. A Bruxelles predicano bene ma razzolano male, malissimo. Il caso montenegrino è lì a dimostrarlo. Addirittura ci sono aziende europee truffate dal governo di Podgorica. Con queste premesse come mai Osce e Ue non vigilano di più sulle prossime elezioni di domenica 16?
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Le rispondo subito. L’Ue non ha una visione, ma pensa di inglobare quantitativamente il più possibile per una semplice e macabra partita a scacchi. Mi chiedo perché dovremmo felicitarcene viste le precedenti esperienze non sempre positive alla voce allargamento. Inoltre le nostre aziende possono avere dialoghi proficui se c’è uno Stato di diritto, non se c’è (come attualmente esiste) una cricca legata alla famiglia del premier, che possiede addirittura una banca. Bruxelles rifletta attentamente.
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