di Giorgio Fthia
C’è un luogo in Italia dove il vino e l’eccellenza non solo vanno a braccetto, ma vantano numeri pazzeschi: è la Valpolicella, un’area viticola dove la coltivazione della vite è testimoniata da reperti che risalgono all’epoca pre-romana. In età imperiale i vini prodotti in questa zona erano presenti nei banchetti degli imperatori e vengono citati in diversi testi. Questo a testimoniare la storicità, la vocazione e la cultura di questo territorio.
Claudio Oliboni da 20 anni presta la propria opera per conto della Cooperativa Vitivinicola “Cantina Valpolicella Negrar”, molto conosciuta nel panorama enologico italiano anche con il nome di “Domini Veneti”, che rappresenta il nome con cui vengono proposti e commercializzati i migliori vini nelle enoteche e ristoranti italiani. Si tratta di una cooperativa agricola composta da 230 soci che coltivano circa 700 ettari di vigneti coltivati nelle zone di produzione del Valpolicella Classico e doc ed in minor misura Bardolino e Custoza.
“Nei confronti di questi soci e conferitori di uve – racconta – mi occupo di assistenza tecnica in campagna, per curare la formazione affinchè venga migliorata la produzione delle uve poi utilizzate per la produzione delle eccellenze vinicole meglio conosciute nel mondo come Amarone, Ripasso, Valpolicella e Recioto”.
Ma quali sono le peculiarità di questo territorio? Secondo Oliboni si parte dall’esposizione delle aree di coltivazione che variano da Est, Sud, Ovest e dai circa 100 mslm fino ai 600, con grande variabilità in termine di escursioni termiche ed insolazione; poi la presenza di vitigni autoctoni, fra i quali spiccano la Corvina, il Corvinone, la Rondinella, Spigamonte, Oseletta, Pelara, Dindarella, Negrara, Molinara, ognuna delle quali partecipa nell’uvaggio con le proprie peculiarità che possono essere il colore, il profumo, la corposità, ecc., in relazione anche all’altitudine e ai terreni in cui vengono prodotte. Infine i terreni, sono infatti presenti terreni formati dalla disgregazione di rocce calcaree formate da fossili nummoliti, dal marmo “Rosso Verona”, dalla “Pietra di Prun” (sempre un marmo calcareo che differisce dal Rosso Verona perché è stratificato), dal “Biancone”, roccia calcarea bianca senza la presenza di fossili; dal “Toar”, roccia di origine vulcanica formata da coni eruttivi con lava solidificata in parte all’aria in parte in acqua; infine da terreni alluvionali di fondovalle composti da tutte o in parte queste componenti.
“Il tutto viene espresso in un territorio non molto vasto, pertanto con moltissimi elementi di peculiarità. Questo fa sì che i vini prodotti siano riconoscibili, ma con caratteri diversi a seconda delle influenze del terreno, percentuale di varietà impiegate, altitudine ed esposizione. Nel mio lavoro aiuto i soci produttori a realizzare per ogni annata (diversa perché il clima non è mai uguale) la migliore produzione agricola possibile, valorizzata poi in vini che vengono nella quasi totalità venduti in bottiglie certificate Doc e Docg. Assisto quindi i Soci conferenti a realizzare i migliori impianti di vigneto per ogni zona di produzione, e a coltivarli nel rispetto del territorio realizzando produzioni al meglio della loro qualità”.
Durante il conferimento delle uve durante la vendemmia Oliboni destina le produzioni in base alle zone di provenienza, vocazione dei terreni, impegno nella coltivazione, nelle diverse aree di pigiatura o di appassimento per valorizzare al massimo le loro caratteristiche. Circa il 60 % delle uve prodotte dai soci vengono pigiate appena raccolte (a mano) per la produzione del vino Valpolicella Classico, mentre la rimanente viene posta ad appassire in locali controllati per ottenere uve destinate alla produzione dei vini Recioto ed Amarone.
Sulle vinacce pressate con la pigiatura delle uve appassite viene poi “ripassato” una parte del vino Valpolicella, ottenendo così un prodotto con caratteristiche intermedie tra quest’ultimo e l’Amarone: il Ripasso.
Da un progetto della Cantina Valpolicella Negrar si è voluto esprimere al massimo la migliore qualità per ognuno dei Comuni sui quali si sviluppa la Valpolicella Classica (Negrar , San Pietro in Cariano, Marano e Sant’Ambrogio di Valpolicella, Fumane), che si chiama “Espressioni”, riferito quindi alla migliore espressione di questi territori.
Un particolare impegno lo sta svolgendo negli ultimi anni nella promozione della produzione biologica delle uve, ottenendo il consenso da parte di una parte dei soci e ottenendo la certificazione per poter produrre e vendere Amarone e Valpolicella certificati.
“L’obiettivo per i prossimi anni – sottolinea – è di proseguire in questo cammino di formazione e assistenza per aumentare questa tipologia di produzione, perché la tutela del nostro territorio e della salute dei consumatori meritano la massima attenzione”.
Ma quali sono le buone pratiche effettuate in vigna dalla Cantina motivo del premio? “Tutti i 230 soci adottano nei loro vigneti la lotta integrata, per cui i trattamenti sono molto ridotti ed eseguiti con prodotti a basso impatto ambientale”. Da alcuni anni a questa parte la novità è la cosiddetta “confusione sessuale” come metodo naturale per il controllo degli insetti fitofagi, rappresentati soprattutto dalle tignolette e nel 2013 questa pratica, che consiste nell’applicazione sui tralci di vite di speciali diffusori di feromoni sessuali che ostacolano l’incontro fra gli insetti maschio e femmina e dunque la loro proliferazione, ha coinvolto 200 ettari di Valpolicella, cioè circa un terzo della superficie complessiva dei vigneti.
“Vino pazzo – scriveva Omero – che suole spingere anche l’uomo molto saggio a intonare una canzone, e a ridere di gusto, e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere”.
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