di Francesco De Palo
Non ci sono solo le nefaste conseguenze sanitarie ed economiche del Covid ad impattare sull’Italia. Ma gli interrogativi che la liberazione della cooperante Silvia Romano, per il tramite della Turchia, e gli interessi cinesi sui nostri asset, portano in grembo, soprattutto su due dossier strategici per lo Stivale come Libia e Mediterraneo. Il dossier energetico già zavorrato da politiche miopi potrebbe presentarci un conto molto salato, che si chiama irrilevanza.
La pandemia del Covid19 è stata utilizzata anche per rafforzare o impiantare partnership e influenze straniere nello Stivale? C’è il rischio che la costante incapacità di una politica estera poco lungimirante e deficitariamente strutturata possa, questa volta, trasformarsi in totale irrilevanza in un quadrante assolutamente strategico come quello euromediterraneo?
Dietro lo zelo cinese per il cui tramite sono giunti alcuni carichi di materiale anti Covid (non gratuiti e alcuni non a norma) c’è una precisa regia politica che punta ad accarezzare asset nostrani come il porto di Taranto, nell’ottica della Via della Seta? Interrogativi legittimi che si sommano a quelli scaturiti dalla liberazione della cooperante Silvia Romano per il tramite dei servizi turchi, certamente più a loro agio di noi in un fazzoletto di Africa come la Somalia dove l’Italia ha sciaguratemente perso negli anni aderenze e obiettivi.
Al di là della scelta di spettacolarizzare l’atterraggio del volo “senza contrassegni” a Ciampino, contingenza accuratamente evitata da altri governi come quello inglese o francese, si consolida la preoccupazione che l’Italia, presa non tanto dal virus quanto dalle sue incongruenze interne e dalla scarsissima capacità programmatica, possa consegnarsi all’irrilevanza in Libia, dove invece la Turchia ha compiuto le mosse che Roma avrebbe – di diritto – dovuto immaginare e realizzare per tempo.
Nel frattempo si rafforza (senza l’Italia) l’asse euroatlantico tra Usa, Francia, Grecia, Cipro, Israele ed Egitto che si muove all’unisono sul dossier energetico e contro la condotta altamente disinvolta di Ankara per il gas dove è coinvolta anche la nostra Eni. Sul punto giorni fa c’è stata una dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri degli Stati membri, con cui l’Unione europea ha esplicitamente e inequivocabilmente condannato il crescente comportamento illegale della Turchia nel Mediterraneo orientale e nell’Egeo. Per cui accanto al processo di pace in Medio Oriente ed alla situazione siriana dove l’Itaia non ha mai toccato palla, si complica anche il dossier mediterraneo, considerato che in Libia Erdogan sta facendo di tutto per accreditarsi come il soggetto che difende Tripoli dall’avanzata del Generale Khalifa Haftar.
La missione Irini, nata per far rispettare l’embargo Onu sulle armi, è una foglia di fico dal momento che la guerra civile è in atto senza fiori nei cannoni, e i droni turchi stanno svolgendo un ruolo primario nella controffensiva pro Serraj contro le spinte del generale Haftar. Lì Parigi assicura di non voler pestare i piedi all’Italia, ma chi sa di politica estera poco ci crede. Se da un lato la Grecia e le sue rivendicazioni energetiche sono tutelate dalla nuova alleanza euroatlantica che comprende Usa, Francia, Israele ed Egitto, è l’Italia paradossalmente a recitare un ruolo diverso (e a questo punto pericolosamente più marginale) nello scacchiere.
Un doppio passo indietro che avrà conseguenze precise e non certo vantaggiose, alla voce energia, geopolitica, difesa, immigrazione. Ma soprattutto che potrebbe consegnare il mare nostrum ad altri players non “locali”. Perdere la Libia, dopo aver depennato influenze in altri quadranti più lontani, come da scelta politica suicida effettuata in passato, sarebbe l’ennesimo errore di un paese piegato su se stesso, sulle polemiche interne e intestine, incapace di votarsi alle strategie ariose che sono imprescindibili in una fase mondiale in cui non c’è più il vicino di casa o il lontano, ma dove Stati e aziende ragionano ormai per prossimità.
Per cui non potrà esserci alcuna speranza di un euro-rinascimento mediterraneo per l’Italia se essa stessa abbandonerà, come sta facendo, quel grande lago salato che è stato culla della civiltà magno greca e romana.
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