Saranno sufficienti i bonus decisi dal governo per affiancare sapientemente il comparto del made in Italy fiaccato dall’emergenza Covid?
Oppure sarebbe stato più opportuno inserire quei fondi erogati a pioggia in una cornice più armonica e quindi implementare una modernizzazione strutturale del comparto?
La tutela e la valorizzazione del made in Italy dovrebbero rappresentare una traccia programmatica non di un singolo partito, ma di tutti coloro che hanno davvero a cuore le sorti (presenti e future) del paese. Certo, l’emergenza sanitaria ha portato pezzi significativi del pil nostrano a soffrire come non mai, vedi l’intero indotto turistico. Ma la portata di una progettazione armonica del made in Italy è da tempo ignorata dal governo, che ha avallato iniziative controverse come ad esmepio il trattato col Mercosur o la delegittimazione cinese di prodotti di alto livello come la mozzarella o il Parmigiano.
I danni che il sistema cinese continua a produrre ai prodotti italiani aumentano e dovrebbero essere attenzionati con più oggettività anche dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Uno dei molteplici campanelli di allarme arriva dal tacco d’Italia: la Confindustria Taranto ha scritto al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mario Turco una lettera in cui vengono riportate le valutazioni espresse dalle aziende del comparto della provincia jonica, ma le doglianze sono variegate in tutte le regioni italiane. Il punto è che la normativa europea permette ad un prodotto di fregiarsi della dicitura Made in Italy se solo due delle varie fasi di lavorazione (disegno, progettazione, lavorazione e confezionamento) vengono svolte in Italia. Fisiologico che spostare all’estero fasi primarie della produzione sia anticamera ad un impoverimento del territorio.
Secondo le aziende sarebbe utile agevolare la piena ripresa delle attività produttive e manifatturiere del Made in Italy sul territorio. In che modo?
In primis attraverso agevolazioni fiscali in favore di quelle imprese che svolgano le proprie attività produttive made in Italy sul territorio. In secondo luogo pensare agevolazioni ad hoc anche in favore del cliente finale, attraverso la previsione di una serie di detrazioni fiscali da applicare sui soli acquisti col brand Made in Italy.
In attesa che il governo si attivi concretamente contro lo stupro commerciale che ha favorito la diffusione di pecorini farlocchi e mozzarelle asiatiche, l’auspicio è che all’interno dei mille e più bonus che circolano in queste ore, vi sia lo spazio per un intervento diretto e risolutivo per quelle aziende che da un lato fuggono all’estero e dall’altro mortificano territori e professioni.
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