Dietro lo stupro turco a Santa Sofia c’è il nuovo tragico corso (non solo ultraideologico, ma anche geopolitico) che qualcuno vuole imporre al Mediterraneo: con l’Italia nuovamente assente. E’come se, improvvisamente, le lancette degli orologi e dei mille fusi orari che guardano all’unisono nel mare nostrum fossero state spostate all’indietro di millenni. Roghi contro le idee illuminate, privazioni delle libertà, mistificazioni e attacchi, uso della religione come clava contro il mondo intero.
Dietro il vile attacco a Santa Sofia, trasformata dal presidente turco Erdogan in moschea, c’è niente altro che l’icona di quel muezzin entrato per la preghiera con in mano sciabola e Corano per volontà del suo diretto superiore. Un’immagine pericolosa, provocatoria e non sufficientemente compresa da un occidente troppo sordo, forse perché affaccendato in affari e commerci con Ankara: una giustificazione che però non è sufficiente a motivare il silenzio anche italiano sul tema.
In un paese i cui cittadini hanno già mostrato insofferenza verso la propria guida politica, come i massacri di Gezi Park ricordano assieme alla ultime elezioni a Istanbul, l’economia pericolosamente mescolata al credo ha prodotto un mostro a sei teste, guidate però da un unico obiettivo: la penetrazione strategica neo-ottomana che rappresenta un punto di estrema criticità per l’intero versante euromediterraneo e anche per il medioriente.
Le condizioni delle finanze turche sono comatose: per troppi anni la postura dei tecnici chiamati a guidare ministeri e istituzioni nazionali è stata decisa da Erdogan senza un metro che non sia stato quello ideologico. Il risultato è che oggi Ankara se non vuole dirigersi verso un possibile default non deve perdere la partita energetica per il controllo del gas, che sta giocando infrangendo tutte le regole.
Ma quale attinenza hanno i giacimenti copiosi presenti nel Mediterraneo con lo schiaffo dato dal mondo intero su Aghia Sophia? E’la mescolanza impressa da Erdogan al suo paese che lo fa cozzare con i principi basilari di uno stato libero.
La Fratellanza Musulmana, decapitata in Egitto, vede nel leader turco un appoggio. Anche in Libano, dopo l’esplosione a Beirut su cui i sospetti e i dubbi non si smussano, Erdogan vorrebbe esercitare influenze e indirizzi. In Libia l’accordo stipulato con Al-serraj lo ha messo in quella che sarebbe dovuta essere la posizione italiana, ovvero di partner per favorire la fase di ricostruzione (flirtando con Algeria e Tunisia). A Cipro continua il braccio di ferro con l’Ue, che però procede in maniera disordinata. In Grecia cerca lo scontro dopo l’affronto a Kastellorizo.
Ma c’è un altro punto su cui poco si dibatte: l’affronto agli altri credi religiosi. Aver stuprato Santa Sofia è un attacco diretto al cristianesimo, alla Chiesa di Roma, ai Patriarcati Ortodossi, a quel vento ecumenico che è anticamera di pacifica convivenza. L’ennesima mossa scomposta contro il modello occidentale, che Erdogan tiene in tasca solo per quanto attiene al business, mentre per tutto il resto lo ha cerchiato in rosso come un obiettivo strategico.
Sulla base di questo scenario, è ancora più incomprensibile e controproducente la posizione assunta sia dal commissario Ue per la politica estera Borrell sia dalla Farnesina. Il rischio, dietro l’angolo, è che si inneschi un risiko di posizioni e trofei che Ankara intende guadagnare. Passando sopra tutto.
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