Monumento deriva dal latino “monére”, ammonire, ricordare. Se tu distruggi un monumento, vuoi privare altri del ricordo e al tempo stesso ne oltraggi la memoria. E se quella memoria è la tua, oltraggi te stesso…
La storia che vi voglio raccontare viene da lontano, da Buenos Aires. Da circa un secolo, nella piazza antistante la “Casa Rosada” (il palazzo presidenziale), si ergeva un monumento imponente, 35 metri d’altezza e 673 tonnellate di marmo, a Cristoforo Colombo, scopritore delle Americhe, dono della comunità italiana alla Capitale (un argentino su due è di origine italiana) e orgoglio della nostra gente.
I fondi per la sua costruzione erano il frutto di una sottoscrizione tra i nostri emigranti, il monumento era stato collocato con legge del 1907 ed inaugurato nel 1921.
Per la nostra gente, di ogni generazione, il 12 ottobre era d’uso ritrovarsi, a migliaia, col tricolore italiano e dedicare un pensiero alla Patria d’origine, oltre quel mare che Colombo aveva attraversato per primo. Mi hanno raccontato che, qualche anno fa, Chavez venne in visita alla presidente Kirchner. Affacciatosi alla finestra e osservata la statua del grande genovese, la apostrofò dicendo:“Che ci fa ancora qui la statua di quel genocida”? La presidente decise allora di rimuoverla…
Non so se la storia sia romanzata, ma il fatto è che ora il monumento è fatto a pezzi. Ho potuto vedere il basamento (che riportata l’iscrizione in italiano “A Cristoforo Colombo”) ed innumerevoli cubi di marmo disseminati tra l’erba del parco alla rinfusa.
In Argentina, come in molti altri lidi, prevalgono – contro il pensiero e la sensibilità comune – dottrine strampalate e figlie di un autocastrante buonismo sinistrorso e internazionalista: Colombo non fu il Capitano coraggioso e illuminato che, volendo raggiungere le Indie navigando verso occidente, scoprì il nuovo mondo, bensì un avventuriero e genocida. Abbattiamone pure le statue, devastiamone il mito, cancelliamo pure il “Columbus day “, come già hanno fatto alcuni stati americani negli Usa, anzi sostituiamolo come già fatto a Seattle con una festa “dei nativi”…
Ma il punto è questo. L’America che oggi conosciamo, la sua fisionomia, le sue conquiste, le sue libertà, le sue costituzioni, le sue realizzazioni, le sue città, le sue leggi, sono figlie della civiltà europea che oggi è più vastamente quella che comunemente chiamiamo civiltà occidentale ed in cui ci riconosciamo.
Sputare su ciò che simbolicamente la rappresenta, e quindi sulle proprie radici e sulla propria memoria, è sputare su sé stessi.
Vale per chi si chiama Kirchner, che non è certo un nome indio, come per tanti, tanti altri, il cui nome dice già tutto.
Vale anche e soprattutto per i tanti che hanno fatto finta di non sentire o non sapere, che hanno fatto orecchie da mercante di fronte alle proteste delle ultracentenarie associazioni italiane impegnate nella lotta per conservare un simbolo di orgoglio e identità italiana, alle 50.000 firme raccolte per mantenere “Colon en su lugar”.
Ci chiediamo dov’erano il sindaco di Buenos Aires, Macrì (origine italiana e calabrese) o i deputati o senatori argentini al Parlamento italiano, ma anche l’Ambasciatore d’Italia, i nostri giornali, la nostra cultura ufficiale. Da tutti questi un silenzio assordante…
E’ questo che ci fa male e ci fa pensare: l’attitudine tutta italiana a vilipendere la propria memoria o a lasciarla calpestare impunemente.
Così va il mondo. Nessuno protesta se, ai nostri confini, i croati iniziano rivendicano come “loro” Marco Polo (con la K), dalmata e veneziano. Un tempo almeno disputavamo con gli spagnoli sull’italianità di Colombo: oggi invece lasciamo che se ne abbattano i monumenti e gli si affibbi il marchio di genocida.
Usque tandem?
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