Polemicamente: c’è futuro in questo europeismo?

Di Francesco De Palo

Se anche gli integralisti del pensiero unico stanno maturando la consapevolezza che, così com’è, l’Ue si avvia verso una disgregazione, formale e sostanziale, significa che l’intero bagaglio di criticità e di annose questioni che in molti imputano a Bruxelles/Berlino non è solo figlio di un vento populista. Ma oggettiva evoluzione di un sistema che non funziona come dovrebbe.

Sacrificare sull’altare della immutabilità dei bilanci statali non solo la coesione sociale ma ogni stimolo alla ripresa ed alla crescita futura, vuol dire andare incontro a morte certa. Ed è quello che Bruxelles ha fatto, spinta dai desiderata berlinesi. Un’ovvietà che è stata certificata anche da chi cinque lustri fa e ben prima che vi fosse la moneta unica ragionava su pro e contro. L’economista italiano Federico Caffè, europeista convinto, in un pregevole saggio dedicato a Marco Fanno, analizzava i diversi movimenti di capitale che intercorrono tra un paese e l’altro, e allocandoli in due distinte categorie: normali e anormali.

Fanno si mostrava molto preoccupato e carico di dubbi circa il fatto che quei flussi anormali, con un andamento particolarissimo, potessero rappresentare un elemento destabilizzante per le singole economie. Tesi poi raccolta da Caffè che, tifoso dell’utilità di un continente politicamete unito, nutriva solidi dubbi circa un marco troppo forte in una Germania altrettanto forte.

Per cui già allora Caffè e Fanno alzavano il sipario su due temi che, decenni dopo, stanno monopolizzando il dibattito sul futuro dell’Ue e della moneta unica: il reddito e l’occupazione. Ciò in verità non deve rappresentare un alibi per l’Italia, che non riesce ancora a sanare le proprie deficienze e a farsi competitiva davvero, che guarda alla spesa pubblica come acqua nel deserto mentre sarebbe fonte di altra rovina, che se non riformerà la giustizia amministrativa non potrà attrarre nuovi investimenti.

mnuchinMa se da un lato a Berlino il social democratico Schultz lavora alla sua proposta di “un’altra Europa per la nostra Germania” è da questo lato della barricata che non possiamo non elencare dei fatti incontrovertibili. Il marco forte tanto temuto da Caffè ha prodotto non solo uno squilibrio dei Paesi in zona euro, ma quel mostro che prende il nome di surplus commerciale. Un ircocervo che è alla base dello squilibrio attuale. Pretendere, come fa Berlino, il rispetto dei soli parametri economici e ignorare l’anomalia rappresentata proprio dal surplus commerciale non è da rigoristi, così come i teutonici si vantano di essere.

Dodici ore prima del G20 di Baden Baden Steven Mnuchin, l’ex manager di Goldman Sachs voluto da Trump al Tesoro, ha incontrato a quattr’occhi il suo omologo tedesco SchaeubleE gli ha detto, con modi diplomatici ma fermi, che il surplus commerciale tedesco non è un’invenzione ma un fatto reale che sta influenzando l’evoluzione della moneta unica.

Ma, detto questo, se oggi penso ad occhi chiusi all’Europa mi viene in mente la figura di mio padre, uno dei primi cittadini italiani trapiantati di cuore in Francia. Anche grazie al vettore, sociosaniatrio, rappresentato dall’Unione Europea.

twitter@PrimadiTuttoIta

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