Polemicamente: il pasticcio “alla libica” che va evitato in Siria

di Francesco De Palo

La lezione libica non è servita a nulla: né all’occidente che continua a gestire le altre emergenze con leggerezza e senza programmazione, né tantomeno all’Italia che prosegue nella sua direttrice di inutile terzietà, forse per camuffare insipienza e assenza di caratura internazionale.

L’attacco deciso da Usa, Francia e Gran Bretagna in Siria senza che alcuna prova sia stata ufficialmente fornita circa l’utilizzo di armi chiiche da parte del regime di Assad è un errore. Si rischia davvero di ripetere la pantomima dell’ex segretario di Stato Colin Powell, che si presentò in tv con una boccetta che non conteneva affatto agenti chimici.

I venti di guerra però stanno continuando a spirare, sulla Siria come sul resto del quadrante interessato, con insistenza ma questa volta gli amanti del risiko stanno giocando col fuoco senza sapere cosa potrà bruciare domani. La Siria è a cavallo tra due mondi: il Mediterraneo divide e bagna il quadrante europeo e quello mediorientale in un momento cruciale per le sorti del vecchio continente.

Deve decidere se essere nuovamente protagonista o se scomparire nell’oblio della geopolitica. Uno scenario tutt’altro che pessimistico, visto e considerato come è stato affrontato e gestito l’altro caso spinoso del mare nostrum: la Libia.

In quell’occasione la cocciutaggine dell’Eliseo, mescolata all’incapacità di Washington di leggere in filigrana cosa sarebbe accaduto all’indomani della decapitazione di Gheddafi, hanno condotto al caos attuale, complicato dal malessere del generale Haftar sfociato nelle contrastanti notizie circa la sua morte.

In Libia si è assistito al plastico scontro tra un occidente senza idee, spesso arraffazzonato, preda delle proprie scadenze elettorali (Usa, Germania, Francia, Italia) e l’asse granitico, con Russia, Iran ed Egitto a fare muro. Al di là della bontà delle singole posizioni è questo che manca a ovest, dove l’assenza di visione e di leader, mescolata all’incapacità italiana di farsi attore protagonista hanno lasciato il campo alle terze file. Oggi Tripoli e Bengasi sono sull’orlo dell’esaurimento nervoso, con Lampedusa ancora a leccarsi le ferite per il dossier migranti che in questi giorni sta riesplodendo.

Il rischio in Siria, oltre al dramma umano di chi fugge dalla guerra e non per altre motivazioni, sta tutto nella cecità europea, nella modestia italiana e nella frettolosa condotta della Casa Bianca che sembra non avere più una guida certa e stabile: lo dimostra anche la decisione di Trump di cambiare in un solo anno il Segretario di Stato e il capo della Cia, non certo due figure secondarie. Guardando a Damasco, al fine di impedire che altri cocci vadano in frantumi, occorre che oltre le bombe torni la politica, quella fatta da chi se ne intende, da chi ha studiato e ha un curriculum di alto profilo.

Non da dilettanti allo sbaraglio che non vedono l’ora di premere un pulsante o di twittare “all’armi!”. Contrariamente non solo si motiplicherebbero gli scenari drammatci, così come accauto in passato in Kosovo e nella stessa Libia, ma si offrirebbe altra instabilità ad un quadrante che invece se calmierato potrebbe essere la nuova scommessa dell’Europa.

twitter@PrimadiTuttoIta

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