Di Alessandro Argonauta
Da un lato il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, secondo cui l’accordo tra Ue e Messico consente al paese sudamericano di sommarsi a Canada, Giappone e Singapore per lavorare con l’Ue “difendere un commercio equo e aperto”.
Dall’altro la Coldiretti che lancia l’ennesimo allarme: in questo modo si legittima il Parmesano farlocco così come tutti quegli altri prodotti che di fatto schiaffeggiano il made in Italy. Non solo nel silenzio colposo di certa politica, ma finanche con l’assist degli eurodeputati di casa nostra. E’ancora bagarre alla voce agroalimentare con sugli scudi il nuovo trattato siglato tra il vecchio continente e il Messico: prevede che siano tolti tutti gli ostacoli per gli scambi di merci, ovvero i dazi, provocando la dura reazione di Coldiretti.
Secondo l’associazione italiana in questo modo altro non si fa se non giustificare il Parmesano, i salamini italiani e il vino Dolcetto Made in Messico “dove potranno essere prodotti e venduti senza limiti oltre il 90% degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell’Unione Europea (293 prodotti alimentari e 523 vini)”.
Il tutto grazie all’Ue e anche ai rappresentanti dell’Italia a Bruxelles che vedono la politica con lenti forse legate alla filantropia, non certo agli interessi nazionali e che semplicemente non andrebbero più votati.
L’unico felice per la mossa diplomatica-industriale è il ministro Carlo Calenda secondo cui “potremo beneficiare infatti di una liberalizzazione daziaria al 99%, di cui 98% all’entrata in vigore oltre che dell’abolizione dei dazi sul formaggio (ora fino al 20%) pasta (20%) carne di maiale (45%), della protezione di numerose indicazioni geografiche, e di una forte riduzione delle formalità per l’esportazione dei beni industriali sia a livello regolamentare che doganale”. Davvero un gran successo che in pratica svela la follia di certe decisioni che mortificano la nostra più grande risorsa.
Ma c’è dell’altro, perché Coldiretti raddoppia le proprie preoccupazioni toccando le corde dei dati economici, gli unici che non possono essere plasmati dalla speculazione politica o, come spesso accade a Bruxelles, dall’insipienza degli eurodeputati.
“L’Italia – osserva – nel 2017 ha importato prodotti agroalimentari dal Messico per 86 milioni di euro mentre le esportazioni sono state di 103 milioni, quasi 1/3 delle quali rappresentate dal vino (33 milioni di euro) che gode già del dazio zero, per effetto del precedente accordo del 2000. Il furto di identità delle produzioni più tipiche è costo troppo elevato per l’Italia che non è certo compensato dalla riduzione delle barriere tariffarie per il formaggio e per la pasta con le esportazioni dall’Italia che nel 2017 sono state pari rispettivamente il valore di 3,3 milioni di euro e di 6,3 milioni di euro, anche per gli effetti della delocalizzazione industriale”.
Capito? Ma è ormai una strada tracciata da tempo, che parte da lontano, dall’accordo Ceta per arrivare fino al Mercosur, quello con i Paesi del Sudamerica che ci inonderà di carne brasiliana di bassissima qualità. Un successo anti italiano firmato Bruxelles.
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