Polemicamente: se la globalizzazione fa a meno della cultura…

Piero,_flagellazione_11di Francesco De Palo

Tutti intenti ad applaudire il nuovo pamphlet economico del momento o le ricette che vanno più di moda. C’è un innaturale innamoramento per correnti, nel mondo. Come se le teste fossero piegate per ordine di un pifferaio magico che impartisce ordini, di qua o di là. Il nodo, però, resta sempre lo stesso: il mercato è mosso dalle politiche e le politiche le fanno i neuroni. E’da questi che bisogna ripartire per non soccombere, globalizzati e marginali. La doppia mandata che dovrebbe essere ben data dalle elites si ritrova ancora una volta alla voce cultura.

Questa dovrebbe essere una vera e propria battaglia epocale, una sorta di integralismo delle idee da issare come vessillo e sbandierare ai quattro venti. Vedere la clava che si abbatte sugli Istituti Italiani di Cultura all’Estero è l’inverno delle arti. Certo, se di risparmi di tratta, allora si sarebbe potuto valutare come in un’azienda privata chi lavora e chi no. Invece è stata scelta la strada più facile, come quella della troika. Sforbiciare, depennare, cassare. Verbi che sanno di morte, perché a furia di tagliare il contorno, si finisce poi per sconfinare pericolosamente nella porzione principale.

L’auspicio in questo nuovo anno è che l’Italia faccia di tutto per non sacrificare la cultura sull’altare della globalizzazione. E ricordarlo nel seicentesimo anniversario della nascita di un grande italiano come Piero della Francesca, tra le personalità più emblematiche del Rinascimento italiano, è il minimo che dovremmo fare tutti.

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