Nutriscore: panacea o cattiva educazione alimentare?

di Francesco Braga

La scena è forse fantasia. Scuola Cattolica da qualche parte in Canada. Diversi bimbi pregano devotamente prima di iniziare il pranzo alla refezione scolastica. Un piccolo chiede all’amichetto, sottovoce: “Tu a casa preghi sempre prima di mangiare?” La risposta è ingenua e sincera “No, non è necessario, grazie al Cielo la mia mamma è Italiana!”

Ecco, quando ho letto di nuovo le annose polemiche sul nutriscore mi è immediatamente venuta in mente questa scenetta. Sia chiaro, in Canada siamo abituati ad informazioni nutrizionali: le etichette sui cibi, salvo frutta verdura e carni fresche sono chiarissime. Indicano la porzione media, in grammi, ed il suo contenuto in calorie, grassi, separando i grassi saturi e trans, colesterolo, carboidrati divisi in fibra e zuccheri, proteine, vitamine varie, minerali vari e ovviamente sodio; il tutto in due lingue, inglese e francese. 

La quantità è indicata in grammi e, importante, come percentuale del valore giornaliero raccomandato per una dieta normale di una persona adulta. Etichetta lineare, chiara e semplice, informazione puntuale e di grande valore. Velocemente uno si abitua a fare un calcolo mentale e si autoregola per mantenere la propria dieta giornaliera nei limiti raccomandati, oppure sa di dover recuperare nei giorni seguenti dopo una occasione conviviale ed abbondante, del tipo nachos e birra davanti alla TV dove trasmettono un evento sportivo. 

Insomma, mi sfugge la logica del nutriscore. O meglio, conosco il meccanismo ma lo trovo largamente fuorviante in quanto ignora di fatto come i diversi cibi facciano parte di una dieta che si auspica bilanciata. Ditemi voi che senso ha indicare come “rosso” il Parmigiano, il Padano, il Gorgonzola, il Parma o l’olio extravergine d’oliva? E’ anatema per un Italiano! 

Questo team di scienziati (colleghi francesi della Sorbona, per carità!) conosce di certo il concetto di dieta bilanciata e la necessità di promuovere questo concetto semplice semplice con i consumatori. Eppure fallisce così miseramente. Oppure nell’integralismo dogmatico ed assurdo di certi scienziati si intende emettere un editto inappellabile basato sul contenuto di 100 grammi di un particolare cibo? Costoro pensano forse che stia al consumatore “fare mente locale” ed immediatamente rendersi conto che no, nessuno normalmente consuma ad esempio 100 grammi di olio anche se extravergine, di gorgonzola o di Parma (enfasi sul “normalmente”) e che di solito i diversi alimenti si possono compensare a vicenda in una dieta bilanciata? 

In altre parole questo distorto integralismo alimentare parte da obbiettivi anche condivisibili, informare il consumatore, ma fallisce miseramente nell’applicare una standardizzazione che è opportuna in un laboratorio per esempio per un calcolo stechiometrico ma non aiuta l’adozione di una dieta bilanciata e soprattutto salutare e appagante perché Nutriscore non aiuta ad educare il consumatore, solo cerca di inculcare una reazione semi automatica: rosso = da evitare. 

Insomma, una cosa asettica al punto di divetare un poco patetica. Molto meglio il nutrinform, proposto dal nostro Paese, che in un certo senso si avvicina alla etichetta Canadese: il contenuto in calorie, grassi totali e saturi, zucchero e sale è indicato in grammi e soprattutto in percentuale di una dieta standard giornaliera. 

Ma lasciamo da parte questa frenesia per l’etichetta. Insegnamo ai consumatori a mangiare bene, cibi sani, ed iniziamo a farlo sino dalle scuole elementari. Altro che calpestare secoli di tradizioni alimentari per non chiari obbiettivi di educazione del consumatore. 

Sembra quasi una variante nefasta della cancel culture sinistra, applicata alle dieta che si basa sulle eccellenze alimentari di cui il nostro Paese è ricco. Che sia questo, sotto sotto, il vero obiettivo del nutriscore? Si noti bene l’assurdo: il disservizio non è a noi consumatori italiani le cui mamme sanno come cucinare (mi rifaccio alla scenetta di apertura) quanto piuttosto ai consumatori che sono all’oscuro di quanto sia buona e faccia bene la nostra dieta mediterranea. Altro che nachos e salsa; io sono per prosciutto, grana e bollicine e per reintrodurre l’insegnamento di una sana economia domestica, non per intruppare i consumatori modello nutriscore, ma per liberare le giovani menti a fare scelte razionali autonome. 

Il cibo è cultura, è tradizione, è identità. Difendiamo queste ricchezze non solo proteggendo le statue di Cristoforo Colombo (ad esempio) ma anche pretendendo che la informazione alimentare sia adeguata e non manipolativa. Nutriscore è forse asetticamente preciso ma di fatto fallisce miseramente l’obiettivo principale di migliorare la dieta del consumatore, cosa conseguibile con una completa educazione alimentare, non inducendo i riflessi semi automatici del semaforo alimentare che comunque lo si consideri è di molto inferiore al nutrinform o alla etichetta canadese.

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