Due immagini emblematiche ci hanno colpito negli scorsi giorni. Quella miseranda di centinaia di profughi africani accalcati sugli scogli di Ventimiglia e quella drammatica e brutale degli europei assassinati sulla spiaggia dorata della Tunisia. Può esserci un filo comune che lega le immagini stesse? Il primo dato, che anche il più banale ma non per questo meno veritiero, è quel sentimento di passiva rassegnazione, di impotenza, con cui le guardiamo. Ci stiamo, in pratica, facendo l’abitudine e, di fatto, riteniamo tutto ciò “naturale”, ineluttabile. Ma se questo accade è anche perché chi decide (o dovrebbe decidere) preferisce non scegliere o sceglie la rassegnazione. E magari l’egoismo furbastro. In Francia presidente e premier dicono “dobbiamo abituarci a convivere con la possibilità di attentati islamisti nelle nostre strade e nelle nostre città”. E intanto, alla faccia di Schengen e della libera circolazione, chiudono Mentone e ci lasciano profughi e migranti sugli scogli di Ventimiglia. L’impotenza di Renzi in sede europea è certificata non solo dalla sua esclusione dal gruppo che decide sulla crisi greca, ma anche e soprattutto dal fatto che la vera e propria invasione migratoria cui l’Italia è sottoposta resta di fatto un problema nostro.
L’Europa ci paga due charter alla settimana per i rimpatri ma di “quote” in cui ripartire i migranti nei vari paesi europei non se ne parla proprio. E meno male che avevamo il ministro degli esteri europeo, l’ineffabile Mogherini. Intanto Alfano ci avverte che sui barconi che solcano il Mediterraneo e sbarcano sulle coste italiane ci sono, o potrebbero esserci, anche i miliziani dell’Isis e che nessuno può considerarsi immune dal pericolo. Personalmente non credo che abbiano bisogno di farsi una traversata stretti tra centinaia di disperati. Possono arrivarci più comodamente.
Ai terroristi non mancano i soldi nè gli appoggi. Quel che, comunque , ci dice la strage sulla spiaggia in Tunisia è che il fenomeno Isis è sfuggito di mano. Alle cancellerie europee che spostano le lancette di decisioni strategiche e cambi di passo; ai cittadini che, ancora una volta, pagano in solitario il prezzo di gesti folli; ai media che dopo un titolo ad effetto non stimolano a sufficienza i governi.
Bruxelles e Francoforte stanno commettendo con l’Isis lo stesso errore commesso nei confronti dello tsunami economico-finanziario che si è abbattuto sull’Europa nel 2011. Prima una sottovalutazione figlia di poche analisi premonitrici, poi una medicina somministrata “alla giornata” che anziché curare i malati in alcuni casi li ha uccisi definitivamente; infine una delega in bianco ad altri affinché agiscano. Stesso scenario già visto in Libia, purtroppo. Il problema però è che i nodi stanno venendo (tutti) al pettine. E non ci potrà essere un prestito – ponte a dare ossigeno per qualche mese, ma occorrerà una risposta netta e una strategia chiara e lungimirante. Non sarà sufficiente mostrare i muscoli e pigiare l’acceleratore alla voce repressione. Si tratta di fenomeni complicatissimi che necessitano di analisi, riflessioni e più cervelli attovagliati attorno ad un tavolo. Quali e quanti errori ha commesso l’Occidente (anche di sottovalutazione) nel post conflitti in Iraq e Afghanistan? Perché dalla caduta dei dittatori di ieri (Saddam Hussein, Gheddafi) si è aperta una voragine caotica nel Medio Oriente e, quindi, a due passi da casa nostra?
La mancanza di leader di spessore può essere una prima risposta per provare a non cadere nella stessa trappola degli ultimi due lustri. Vanno bene i droni,va benone la guerra elettronica, ma servono idee, possibilmente valide e dall’esito rapido, per sanare questa ferita mortale che sta squarciando il Mediterraneo. Le politiche migratorie, europee e italiane, sono adatte ad evitare altri “casi Tunisia”, non voglia Dio, sulle spiagge di casa nostra? E come impedire che la propaganda demagogica avveleni un dibattito che, data la posta in gioco, deve essere il più possibile oggettivo e alto? Ecco, la politica inizi a piantare un paletto: di buon senso, di ragionamenti e di poco allarmismo elettorale. La questione, da adesso in poi, riguarda proprio tutti. Anche quei signori che a Bruxelles continuano a rinchiudersi nelle loro stanze, lasciando Lampedusa sola al fronte.
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