Negli stessi giorni di fine ottobre, in cui l’Unione Europea dava il via libera al “novel food” consigliandoci di mangiare vermi e insetti, in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ci sconsigliava (salvo poi fare retromarcia) di mangiare carne rossa, si chiudeva con un successo inimmaginabile (22 milioni di visitatori in 6 mesi) l’Expo di Milano dedicato proprio all’alimentazione.
Sarà pur vero che qualche padiglione è stato aperto in corso d’opera, che qualcuno – prima – ha fatto il furbo e qualcun altro ha corrotto o si è fatto corrompere, ma a Milano ha vinto l’Italia tutta, la sua fantasia, la capacità di innovare, di stupire, di creare gusto e armonia.
Anch’io ho fatto le ore interminabili di fila per salire sulla rete del Brasile, tra i mattoncini di legno a incastro del Giappone, gli specchi della Russia, le pagode della Thailandia, il giardino botanico del Bahrein, le sfere di cristallo dell’Azerbajan, l’alveare della Gran Bretagna, i baobab dell’Angola … ed è stato uno spettacolo.
Ed ho percorso con soddisfazione il Decumano, la piazza Italia che grondava di profumi, energia, inventiva, moda, linea, colori, sapori da ogni regione della nostra dolce penisola. Qui, le lunghe file ai nostri ristoranti, con i nostri piatti tradizionali e l’inimitabile dieta mediterranea, la dicevano lunga su quell’inno alla vita che è l’”italian style”. E in fondo l’albero della vita, bello come un monumento futurista. Ero, tra quei 22 milioni, un cittadino italiano come tanti altri in fila, fiero di quella realizzazione italiana. E’ stato inevitabile per me, correre con la memoria a cinque anni prima.
Il precedente Expo, quello di Shanghai, non l’avevo vissuto in fila, ma visitato da privilegiato, accompagnato dalle autorità cinesi, da sottosegretario all’ambiente del governo italiano (di destra) di allora. Ricordo come lì gli spazi fossero molto ma molto più ampi e come i cinesi mi spiegavano fieri che per ottenerli avessero raso al suolo migliaia e migliaia di case spostando se non erro circa un milione di abitanti…
A Milano, noi italiani, abbiamo invece creato un piccolo mondo conquistando con attenzione ogni centimetro quadro di terreno, rispettando l’antica Cascina Triulza, che riportava all’origine contadina dei dintorni della vecchia Milano.
Ecco la differenza. Correrà pure la Cina, ma in Italia trionfa la bellezza, il rispetto, e si abbracciano tradizione e futuro.