di Roberto Menia
Diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi sono una prova”…Vorremmo sbagliare ma temiamo che sia così anche per una serie di fatti che e abbiamo registrato negli ultimi mesi. Si avvicina la fine della legislatura, si discute della nuova legge elettorale e si riapre il dibattito sui parlamentari eletti all’estero. Per molti sono inutili se non dannosi, per altri non rappresentativi e di scarsa qualità, per altri ancora gente che non paga le tasse in Italia e non avrebbe titolo a sedere nel Parlamento italiano.
Come già abbiamo avuto modo di dire, la grande battaglia di Tremaglia per l’affermazione del diritto di voto all’estero, è una conquista da non dare per scontata. E, purtroppo, in diverse occasioni, c’è chi ha dato una mano, con i suoi comportamenti, ai sostenitori di queste tesi. Poco più di un mese fa, le “Iene” fanno esplodere il caso di un parlamentare eletto all’estero accusato da una ex stagista di non averla pagata e di averle rivolto attenzioni galanti…
La gogna mediatica lo ha già condannato (anche perché ci mette del suo a prendere a male parole il giornalista) ma se dovessimo scommettere sul futuro, punteremmo sul fatto che il contratto fosse a titolo gratuito e l’unico abuso siano le riprese-spia nell’ufficio del parlamentare. Passa qualche settimana ed ecco che, sempre a proposito di eletti all’estero, nasce un nuovo caso, quello dei “cacciatori di plichi” e della vendita delle schede elettorali. Se lasciano forti dubbi le testimonianze di uomini incappucciati e travisati, unite a quelle di personaggi in cerca di vendette personali, emerge comunque un sottobosco assai poco limpido nell’esercizio del voto all’estero.
Proprio noi, su queste pagine, più volte avevamo sollevato la questione del ruolo dei sindacati e dei patronati come collettori di schede, delle preferenze espresse a centinaia con la stessa calligrafia, della incontrollabilità di meccanismi assai strani che avvengono dall’altra parte del mondo ed in particolare in Sud America. Forse il viaggio era troppo lungo ma alle Iene consiglieremmo di andare ad indagare anche da quelle parti…
Ma la questione che poniamo è questa: gli abusi e le malefatte di alcuni possono inficiare il grande valore, democratico, civile, nazionale, della rappresentanza e del voto all’estero? E dunque il voto e la rappresentanza degli italiani all’estero vanno aboliti? O piuttosto ci si deve industriare sul come modificare le regole di quel voto per garantirne la segretezza, l’effettività, la certezza e la soggettività nell’espressione dello stesso?
Su questo, che era il dato più urgente, il Parlamento non si è espresso preferendo invece modificare un diverso aspetto della legge elettorale, consentendo agli italiani residenti in Italia di candidarsi all’estero e non consentendo analoga facoltà per i cittadini residenti all’estero.
Tale nuova norma appare oltre che anticostituzionale (rispetto al principio di uguaglianza), palesemente illogica e soprattutto contraria alla ratio della legge Tremaglia. Se la circoscrizione estero è stata creata per dar voce a chi risiede all’estero che senso ha candidarvi chi risiede in Italia? Forse serve a portarci qualche impresentabile che non può candidarsi a casa propria…?
Ecco perché, in principio, parlavamo del teorema di Agatha Christie. L’impressione è che, alla fine, si miri a togliere di mezzo quella che è stata la grande conquista di Tremaglia, una conquista che è dell’Italia intera, dentro e fuori dai suoi confini: una legge che va difesa, certo innovandola e correggendola laddove è necessario, ma senza ferirla nel suo significato e nei suoi tratti fondamentali, per restituirle anzi la dignità che merita.
twitter@robertomenia