L’olio come il pesce, non ha nazionalità. Lo sostiene l’associazione tunisina Forza Tounes che ha denunciato “la campagna denigratoria” condotta, a detta del presidente Souhail Bayoudh, da alcuni media italiani contro l’olio d’oliva tunisino. Ci permettiamo di osservare che indicare la qualità di un prodotto non è voler denigrare un olio medio rispetto ad uno extravergine, ma solo fare informazione corretta verso i consumatori e promuovere l’olio italiano che, piaccia o meno a Tunisi o a Madrid, è il migliore al mondo. Gli scettici possono attingere dati tecnici, e non analisi o ipotesi, dagli ultimi studi condotti dal Politecnico di Lecce, secondo cui per proprietà polifenoliche il “petr-olio” italiano non ha pari nei cinque continenti.
Dovrebbero saperlo (anzi, lo sanno di certo) anche gli 007 dell’Agenzia delle Dogane che indagano sulle frodi, a cui non tutti in Italia pare stiano dando una mano, come dimostra la depenalizzazione di alcuni reati, tra cui anche quelli sull’olio. Ora, sostenere un’economia in difficoltà è un conto e ha una ragione sociale pienamente condivisibile.
Ma voler parificare, per buonismo o “euromiopia politica”, il nostro olio con quello spagnolo o marocchino è arrecare un danno ad un pezzo dell’economia italiana. Altrove, semplicemente, non sarebbe accaduto.
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